"L'hotel Champagne non è stato un
fatto di correnti. Bisognava nominare un procuratore della
Repubblica di Perugia che fosse disponibile a fare indagini nei
miei confronti, probabilmente perché io non vado a cene, non
faccio incontri": è quanto ha affermato il procuratore aggiunto
di Roma, Paolo Ielo, durante la sua lunga testimonianza davanti
al tribunale di Perugia, nell'ambito del procedimento che vede
imputati l'ex magistrato romano Stefano Rocco Fava e l'ex
consigliere del Csm Luca Palamara, entrambi presenti in aula.
"Mio fratello non ha mai avuto rapporti di lavoro con Amara" ha
sottolineato quindi.
Ielo ha poi spiegato di avere "sempre pensato che i magistrati
si possono dividere, possono discutere ma stanno sempre dalla
stessa parte". "E invece ho scoperto poi - ha proseguito - che
c'era qualcuno nell'ufficio contro di me".
Il procuratore aggiunto di Roma ha poi sottolineato come
l'allora capo dell'Ufficio Giuseppe Pignatone "non si è mai
permesso di dire fai questo o fai l'altro". "Non fece
osservazioni - ha spiegato - sulle misure predisposte per Amara,
Centofanti ed altri. Solo quando era partito tutto Pignatone mi
disse che questo Centofanti lo conosceva e c'era andato qualche
volta a cena".
"Non si è mai permesso nessuno di farmi pressioni - ha detto
ancora Ielo -. Chiunque si fosse azzardato dentro e fuori di
Palazzo di Giustizia a dirmi fai questo o fai quell'altro io
avrei fatto scoppiare l'inferno".
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