Il nero prima di ogni
altro colore, il buio prima della luce. Una immersione
sensoriale, un invito a scoprire l' arte toccandola per dare via
libera allo sguardo interiore e alla percezione più profonda.
Comincia così nei grandi spazi degli Ex Seccatoi del Tabacco di
Città di Castello il viaggio particolare tra le opere di Alberto
Burri riunite fino al 28 agosto nella mostra ''La Luce del
nero'' accanto ai lavori di altri grandi artisti del Novecento
che si sono confrontati con questo colore. Consentire, anche
grazie al linguaggio braille, a chi non ha la vista o è
ipovedente di entrare in contatto con i materiali plasmati dal
maestro dell' informale è uno degli obiettivi pensati da Bruno
Corà, presidente della Fondazione Burri, nella scia del progetto
europeo dedicato all' arte e alla disabilità visiva in
collaborazione con il museo irlandese Glucksman di Cork e il
Suvremene Umjetnosti di Zagabria, prossime tappe dell'
esposizione. Il buio della 'Camera sensoriale' è allora il punto
di partenza che avvolge i visitatori, senza di distinzioni di
capacità visive. Non potendo toccare le 38 opere selezionate, si
possono mettere le mani su pannelli in braille e sulle
riproduzioni in scala con catrame, pomice, tessuto, legno,
ferro, plastica, cellotex, caolino e prodotti vinilici
considerati estranei alle tecniche accademiche che l' artista ha
utilizzato per la sua rivoluzione. La mostra segna anche la
riapertura degli ex Seccatoi di Tabacco, sede espositiva dei
grandi cicli pittorici di Burri insieme con Palazzo Albizzini
che ospita la produzione classica, dopo sette anni di lavori un
investimento di dieci milioni di euro.
Dalla seconda metà del Novecento Burri ha usato il nero più di
ogni altro artista. Cominciò nel 1948 appunto con il materico
Nero 1, con le sue sfumature cromatiche messe in risalto dal
quadratino azzurro in alto a destra della tela. Da allora la sua
ricerca si sviluppò con una intensità sempre più marcata a
partire dagli anni Settanta e Ottanta. A documentare la ricerca
artistica di quegli anni contribuiscono le opere di grandi
maestri, da Lucio Fontana, a Bizhan Bassiri, Enrico Castellani,
Hans Hartung, Emilio Isgrò, Jannis Kounellis, Mario Schifano.
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