"Nel più totale silenzio la
Regione Umbria ha deciso di lasciare a casa, a partire dal primo
agosto, 22 lavoratori altamente qualificati che da tre anni
prestano assistenza tecnica presso i centri per l'Impiego del
territorio, per il funzionamento del reddito di cittadinanza: i
cosiddetti navigator": lo sottolineano in una lettera aperta
Vincenzo Sgalla, Angelo Manzotti e Maurizio Molinari, segretari
generali di Cgil, Cisl e Uil dell'Umbria.
"Dopo l'interruzione nel mese di maggio dei contratti di questi
lavoratori - spiegano - il ministero del Lavoro aveva trovato
una soluzione: all'articolo 34 del Dl aiuti aveva infatti
previsto una ricontrattualizzazione per tutti, all'interno di
Anpal Servizi, per la durata di due mesi e una proroga di
ulteriori tre, subordinata però alla richiesta da parte delle
singole Regioni, ma garantendo per l'intero periodo la copertura
finanziaria.
Le Regioni erano quindi chiamate ad esprimersi sull'utilizzo di
queste professionalità per ulteriori tre mesi, entro il 23
giugno. Ad oggi solo ciqnue Regioni hanno espresso parere
contrario: Piemonte, Lombardia, Veneto, Campania e Umbria,
creando tra l'altro una ingiustificata disparità ed una
insostenibile geografia variabile che penalizza 538 lavoratori".
"Il tutto, per quanto riguarda la nostra Regione, nel più
'assoluto silenzio, visto che l'assessore Fioroni e la
presidente Tesei non hanno mai nemmeno risposto alle reiterate
richieste di incontro e di confronto sul tema, da parte delle
organizzazioni sindacali. Speriamo di poterne discutere almeno
in audizione, alla presenza dell'assessore regionale allo
Sviluppo economico, Michele Fioroni, presso la Terza commissione
consiliare, su convocazione dei consiglieri regionali
d'opposizione Michele Bettarelli e Simona Meloni".
"Ci pare infatti davvero incredibile, se non per un mero
pregiudizio ideologico e politico - osservano i sindacalisti -
che si rinunci a lavoratori formati e professionisti del mercato
del lavoro, proprio in una regione in cui, come documentato
dall'Aur, è molto alto il 'mismatch' tra domanda e offerta di
lavoro e in cui le politiche attive non sono ancora organizzate
e strutturali".
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