"In questi anni duri della pandemia molti hanno agito come Francesco, si sono presi cura, attraverso il loro servizio e il loro impegno, di quanti ne avevano bisogno. Desideriamo ringraziarli, per aver donato sostegno, forza speranza, in molti casi donando realmente se stessi": così fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento di Assisi, ha ricordato l'impegno del personale sanitario nell'emergenza Covid. L'ha fatto stamani nel saluto nella Basilica Superiore per la festa di San Francesco.
"Circa 800 anni fa, il giovane Francesco, nella campagna qui vicino incontra un lebbroso" ha ricordato fra Moroni. "La lebbra - ha aggiunto - è una malattia terribile, invalidante e porta la paura del contagio, i lebbrosi sono tenuti fuori da ogni relazione con i sani, rinchiusi in un ghetto perché considerati pericolosi".
"Francesco invece - ha sottolineato il custode - si ferma, si avvicina e, incredibile, abbraccia e bacia il lebbroso. I lebbrosi diventano così suoi fratelli, perché intuisce, parafrasando le parole del Papa (pronunciate dieci giorni fa qui ad Assisi), che i poveri non sono un problema da risolvere, ma persone da stimare e da cui imparare".
"Francesco - ha sottolineato ancora fra Moroni - diventa così un uomo nuovo, quel fratello di tutti che ammiriamo e sentiamo vicino. Con san Francesco e forti del suo spirito desideriamo risorgere uniti, solidali, attenti a chi è rimasto indietro, per affrontare le tante altre sfide che ora ci stanno davanti: l'acuirsi della crisi ambientale, la guerra in Ucraina e i molti altri conflitti, la difficile situazione socio-economica, l'incertezza internazionale. Egli - ha concluso il custode - ci testimonia che il mondo cambia solo se si riparte da chi è più in difficoltà, perché se il bene non è di tutti non è bene".
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