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Concorso ginecologi, primario Usl Vda condannato a 10 mesi

Era presidente commissione, assolti membro e 4 candidati

Al termine del processo di primo grado relativo al concorso per medici ginecologi promosso dall'Usl della Valle d'Aosta nella primavera del 2018, il gup di Aosta Giuseppe Colanzingari ha condannato a dieci mesi di reclusione il direttore della struttura di Ostetricia e ginecologia, Livio Leo, di 56 anni, per abuso d'ufficio e rivelazione di segreto d'ufficio. Leo era presidente della commissione giudicatrice.
    Sono invece stati assolti gli altri imputati: Enrico Negrone (59), medico in Piemonte e membro della commissione, Veronica Arfuso, Andrea Capuano, Francesca Deambrogio e Riccardo Fiorentino (i quattro candidati che avevano superato la prima prova scritta, poi annullata dall'Usl).
    All'Usl è stato riconosciuto un risarcimento di 5.000 euro. Le indagini sono state coordinate dal pm Luca Ceccanti. 

ùLa pena inflitta a Livio Leo beneficia della sospensione condizionale (per lui la richiesta dell’accusa era di una condanna a un anno di reclusione). Gli altri imputati sono stati assolti per non aver commesso il fatto (per loro il pm aveva chiesto otto mesi).
Secondo gli inquirenti durante il concorso erano stati favoriti proprio i quattro candidati finiti a giudizio, che conoscevano Leo e che con lui avevano già curato pubblicazioni scientifiche. Erano stati gli unici a superare la prova contestata, dalla quale erano rimasti esclusi altri tre ginecologi. L'ipotesi di abuso d'ufficio riguardava la presunta violazione della legge in merito alla tipologia di prova scelta, che sarebbe dovuta consistere in una serie di quesiti a risposta aperta e non in un test con 50 domande a risposta multipla. La rivelazione di segreto d'ufficio deriva dall'ipotesi che le domande fossero arrivate prima della prova ai quattro candidati imputati, che avevano poi realizzato punteggi attorno a 27/30. L’azienda Usl è assistita dall’avvocato Corinne Margueret.
Il fascicolo era stato aperto nei primi mesi del 2018, a seguito di un esposto dell’allora assessore regionale Emily Rini.
   

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