di Roberto Nardi
L'arte di Anna Moro-Lin è come un
bagaglio "leggero" da trasportare. E' fatto di garze, carte
colorate, fili di ferro, colle, veline, talvolta di scarti
raccolti per strada che nella loro essenzialità racchiudono e
aprono nel contempo visioni verso un mondo che pone domande,
chiede ricerche, a cui l'artista cerca di dare risposte con i
suoi lavori.
Una ventina di queste opere, soprattutto di grandi
dimensioni, di fatto installazioni, sono da pochi giorni entrate
a far parte del patrimonio della Fondazione dei Musei Civici
grazie a una donazione fatta dall'artista, che ha compiuto 90
anni, al Comune di Venezia. Lavori che saranno collocati al
museo di Palazzo Mocenigo-Centro Studi del tessuto, del costume
e del profumo, che ha edito un volume intitolato "Anna Moro-Lin
Tramalogie".
Sono tracce di un "racconto visivo" cominciato dall'artista
negli anni '70, pioniera di una tendenza internazionale che va
sotto il nome di Fiber Art, che partendo quasi da un presupposto
scientifico - "trovare le ragioni, le motivazioni di ciò che mi
fa scattare un'emozione" - sembrano tornare sempre all'essenza
del suo radicato rapporto con Venezia, con le sue atmosfere, con
i suoi colori che non sono mai "primari" ma fatti di mille
vartiazioni, specie di blu. In questi mesi di chiusura forzata a
causa della pandemia per il Covid19, racconta di aver sofferto
molto, di essersi "inventata" nelle ultime settimane una
necessità reale di uscire di casa per spingersi a vedere la
laguna. "I mie lavori - dice - possono essere fissati con
spilli alla parete come macchie di colore, come spazi
privilegiati: forse tappeti volanti". E una ventina di tappeti
di carta compongono un'opera-installazione "atterrata" a Palazzo
Mocenigo.
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