La pandemia condiziona il commercio
mondiale di vino, ma l'impatto varia a seconda dei casi. Per
l'Italia, che nel 2020 chiuderà il proprio export con un -4,6% a
valore (6,1 miliardi di euro) sull'anno precedente, gli effetti
saranno complessivamente più leggeri rispetto al trend globale
(-10,5%) e ancora di più sul principale player del settore, la
Francia, costretta a rinunciare al 17,9% delle proprie
esportazioni. È il flash dell'analisi a cura dell'Osservatorio
Vinitaly-Nomisma Wine Monitor 'Focus mercati - consumi e
previsioni import 2020' presentata oggi al wine2wine di
Veronafiere, nel corso dell'evento di confronto della filiera
con i vertici delle associazioni di rappresentanza e l'Ice. In
termini assoluti, la contrazione del valore delle importazioni
mondiali di vino stimata (su base doganale) sarà di oltre 3
miliardi di euro rispetto al 2019, soprattutto per effetto delle
mancate vendite per oltre 1,7 miliardi di euro del suo market
leader, la Francia. Il forecast sull'Italia si ferma invece a
-300 milioni di euro, complice anche il boom (+15%) delle
esportazioni nel primo bimestre dell'anno, che ha attenuato il
passivo.
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani "il
dato generale sulle stime previsionali dimostra come l'Italia
sia stata in grado di opporre anticorpi efficaci alla crisi. Il
rapporto qualità-prezzo, una più variegata diversificazione dei
canali di vendita e lo scampato pericolo dei dazi aggiuntivi
negli Stati Uniti hanno consentito di ridurre le perdite
all'estero, ma il rovescio della medaglia è fatto di tante
piccole e medie aziende del vino che, al contrario delle altre,
hanno perso i propri riferimenti commerciali - in particolare
dell'horeca - e stanno pagando uno scotto molto più rilevante
della media. È questo segmento, decisivo per il nostro made in
Italy, che occorrerà salvaguardare sin da subito".
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