"Rinnovo l'invito, a tutti e a
ciascuno, di impegnarsi a custodire e a promuovere 'l'Anima'
della Perdonanza, che è esperienza, ecclesiale e sociale, di
riconciliazione e di comunione: con Dio, con se stessi e con gli
altri". Così il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo
metropolita dell'Aquila, nella cerimonia di apertura della
edizione 725 della Perdonanza celestiniana che si è svolta in
serata nel piazzale della basilica di Collemaggio.
"Dobbiamo mantenere una 'vigilanza' interiore, attenta e
severa, per evitare che la mente e il cuore siano 'distratti'
dal 'centro di gravitazione', spirituale e comunitario, di
questo evento, finendo per disperdersi in iniziative di
contorno, il cui fine è solo quello di essere 'corona' festosa e
riconoscente per il dono della misericordia, ricevuta e
trasmessa".
Per Petrocchi, "il secondo motivo di riflessione poggia sul
tema della ricostruzione, attivata dopo il sisma del 2009, di
cui ricorre il 10 anniversario. Anche su questo versante
possiamo prendere Celestino V come maestro e compagno di
viaggio".
"Quando Pietro da Morrone fu eletto papa - ha proseguito
l'arcivescovo -, L'Aquila era una città molto giovane, e si
stava rialzando da una distruzione: prodotta dalla mano
dell'uomo e non dalla natura. Infatti, era stata appena fondata
(nel 1254), poi distrutta da Re Manfredi (nel 1259), che abbatté
le mura cittadine, da poco edificate, e la rase al suolo. Nel
1266 era cominciata la ricostruzione. Celestino V conosceva bene
i terremoti geologici e quelli umani. Sapeva edificare, sul
piano edilizio come su quello comunitario: basta guardare la
splendida Basilica di Collemaggio (1287) e l'espansione
dell'Ordine religioso da lui fondato. Era una città-cantiere,
L'Aquila del suo tempo: come quella di oggi. Certo, le
tecnologie sono diverse, ma lo spirito che percorre questa
formidabile impresa è uguale: la stessa tenacia che non si
arrende davanti alla devastazione, e riparte da capo, nonostante
tutto!".
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