Concentrazioni di PM10 oltre i
limiti di legge, tra i 54 e il 79 microgrammi per metro cubo si
sono registrate da sabato scorso nell'area compresa tra
Montesilvano e Pescara, nonostante il lockdown: in una
situazione di traffico quasi nullo, l'ipotesi più verosimile di
questi valori è che ci sia stato un trasporto transfrontaliero
di polveri desertiche dall'area del mar Caspio dovuto a venti
occidentali; l'ipotesi è confermata indirettamente sia dalle
mappe dei venti che dalle analisi modellistiche delle
traiettorie che identificano nei settori orientali, l'origine
delle masse d'aria che hanno investito la costa abruzzese. A
spiegarlo è il responsabile del Laboratorio di Fisica-Chimica
dell'Atmosfera e Climatologia dell'Università 'D'Annunzio' di
Chieti-Pescara, Piero Di Carlo.
"Dopo diversi giorni di livelli di particolato (PM10 e
PM2.5) e biossido di azoto (NO2) molto bassi, osservati in
Pianura Padana ed un po' ovunque in tutta Italia, come
conseguenza del lockdown dell'intero territorio nazionale per
contrastare la diffusione del coronavirus, a partire da venerdì
27 marzo si sono registrati valori di PM10 oltre i 100
microgrammi per metro cubo, soprattutto al nord Italia,
concentrazioni doppie di quelle che sono i limiti di legge per
la protezione della salute. Questo fenomeno è stato registrato
anche dalle centraline ARTA sulla costa abruzzese, a partire da
sabato 28 marzo con valori molto inferiori a quelli misurati in
Pianura Padana, ma comunque al di sopra dei limiti di legge" che
è di 50 microgrammi per metro cubo.
Secondo Di Carlo "questi eventi di trasporto di polveri
sono frequenti in Abruzzo per cui al PM10 emesso localmente dal
traffico e riscaldamento si somma quello di origine naturale
trasportato da zone desertiche in cui vi è il sollevamento e
dispersione di sabbia. Purtroppo tutte le centraline di misura
della rete abruzzese, così come quelle delle altre regioni, nel
misurare il PM non distinguono tra quello emesso localmente, da
quello trasportato, per cui bisogna ricorrere ad analisi dei
venti per spiegare situazioni anomale come quelle registrate
negli ultimi tre giorni".
Un metodo quantitativo per identificare e discriminare la
natura del particolato è l'analisi della composizione chimica
del PM depositato sui filtri delle centraline di monitoraggio:
l'Università 'D'Annunzio' di Chieti-Pescara ha i laboratori e le
strutture per effettuare questo tipo di accertamenti, non solo
per dividere il PM trasportato da quello emesso localmente da
auto e riscaldamento, ma anche per capire che tipo di
particolato immettiamo nei nostri polmoni: metalli pesanti,
black carbon o semplici particelle naturali meno dannose.
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