Il camoscio appenninico, animale
unico e particolarmente legato alla storia del territorio del
Parco Nazionale della Maiella, oggi veste i panni di un
investigatore d'eccezione e inconsapevole che indaga il livello
di salute del territorio del Parco. Vive in ambienti particolari
e in alcuni casi condivide spazi con animali domestici al
pascolo. Questo particolare aspetto lo rende un perfetto
indicatore delle differenze rilevabili in ambiente, in presenza
o assenza di attività legate all'uomo. Infatti, per la prima
volta in Italia è stato oggetto di studio da parte del Wildlife
Research Center del Parco e dell'Università degli Studi di
Teramo per valutarne la capacità di descrivere lo stato di
salute del territorio in cui vive. A partire da campioni di feci
sono stati isolati batteri resistenti ad antibiotici considerati
critici per la salute umana. Sono per lo più antibiotici che non
vengono utilizzati in ambito veterinario e sono definiti tali
appunto perché la loro efficacia nel curare le infezioni deve
essere preservata considerando che sono fra le poche molecole
ancora efficaci nello sconfiggere batteri resistenti che non
sono più trattabili con i comuni antibiotici. Questi risultati
riguardano in particolare i batteri Enterococchi resistenti alla
molecola antibiotica Linezolid e i batteri escherichia coli
resistenti alla colistina e ai carbapenemi. In particolare, è
stato possibile correlare queste resistenze alla presenza di
alcuni geni e nel caso dell'Escherichia coli è stato possibile
riportare per la prima volta la presenza del gene oxa 48 nel
camoscio e la presenza del gene mcr-4 per la prima volta nella
fauna selvatica. Questi risultati riguardano in particolar modo
i camosci che vivono condividendo gli ambienti con le attività
antropiche, suggerendo una contaminazione di origine umana.
Infatti, camosci che vivono in aree ben più isolate non
presentano gli stessi profili di resistenza. Questi risultati
accendono i riflettori sulla responsabilità dell'uomo
nell'utilizzo corretto degli antibiotici e invitano ad una
rinnovata consapevolezza su quanto le nostre azioni possano
avere conseguenze sull'ambiente e sulla comunità.
Tutte le considerazioni del caso sono state presentate alla 69°
conferenza internazionale della Wildlife Disease Association che
è in corso in questi giorni a Cuenca (Spagna), ma in forma di
Virtual Conference a causa delle problematiche COVID-19. Alla
conferenza sono intervenute le Università, i Parchi, gli
Istituti di Sanità e Monitoraggio della fauna che da tutti i
continenti studiano e lavorano quotidianamente per monitorare la
salute della fauna selvatica e dell'uomo in virtù dell'ormai
consolidato approccio "One Health" concetto per il quale si
riconosce che la salute degli esseri umani è legata alla salute
degli animali e dell'ambiente.
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