Primo piano
E' Vuitton finche' business non li divida
(dell'inviato Adolfo Fantaccini) (ANSA) - VALENCIA (SPAGNA), 17 MAG - Si scrive Louis Vuitton Cup, si legge business. In un mondo, quello della vela, dove le grandi multinazionali continuano a investire tanto nell' America's Cup, c'e' chi invece non sembra incline - almeno secondo voci sempre piu' insistenti - a confermare il proprio impegno nelle prossime edizioni dell'ultracentenaria competizione velica. E' il caso dell'azienda Louis Vuitton che da un quarto di secolo da' il nome alla coppa fra gli sfidanti: l'azienda parigina, grazie ai buoni uffici di Bruno Trouble', si tuffo' in questa specie di mondiale a squadre a Newport, nel 1983, ai tempi della sfida italiana di Azzurra. Da allora, pero', e' trascorso tanto tempo, sono cambiate le sfide, e' mutato il format e naturalmente gli investimenti. Forse anche la passione non e' la stessa. ''Per noi - racconta Christine Belanger, direttrice della Louis Vuitton - ogni volta comincia una nuova avventura. In futuro non so cosa potra' accadere. Dipende dalle condizioni dettate dal defender, insomma da chi vincera' la coppa''. Il nocciolo della questione e' comunque legato al possibile disimpegno della casa parigina dalla coppa. Il connubio fra la 'maison' Vuitton e il mondo della vela potrebbe essere giunto al capolinea. O forse no. Negli ambienti dell'America's Cup le voci su un possibile divorzio dal prestigioso marchio sono sempre piu' insistenti e s'insinuano sfuggenti fra le banchine del porto di Valencia. Ma e' vero che le aspettative della casa parigina non sono esattamente in linea con le pretese di chi organizza e gestisce la coppa?. Madame Belanger non si sbilancia. ''Diciamo che alcune cose sono state fatte bene, altre non corrispondono alle attese - sottolinea - Il futuro e' anche legato alla consistenza dell'investimento. Anche noi abbiamo dei limiti di budget, dipende da cosa ci verra' chiesto e cosa saremo disposti a dare. Il nostro e' un prodotto d'elite, dobbiamo individuare la formula giusta, partendo dalla distinzione fra evento popolare e popoloso''. In questo momento emerge una divergenza di obiettivi fra chi vuole far diventare la coppa un avvenimento a 360 gradi e chi, invece, da integralista della vela, vuole continuare a percorrere la strada dello smodato snobismo. ''Anche in passato - ammette Christine Belanger - abbiamo avuto obiettivi divergenti, ma poi siamo sempre riusciti a farli convergere''. Il capo della societa' che organizza la coppa, Michel Bonnefous, punta a una rivoluzione della formula della manifestazione: si gareggerebbe ogni due anni e nello stesso posto, cioe' a Valencia. Alla Vuitton non dispiacerebbe, invece, una location italiana per il torneo degli sfidanti. ''In Italia c'e' molto entusiasmo attorno a questo evento - fa notare la Belanger - Sarebbe fantastico organizzarla nel vostro Paese. Non so dove, ci sono tanti posti dove si potrebbero trovare il clima, il vento e le giuste infrastrutture. Lascio ad altri la decisione. Di certo ci sono cose che possono essere migliorate, per esempio si possono riempire i giorni senza regate. Non si puo' rimanere per sette-otto giorni fermi in porto. La coppa in giro per il mondo e' un vantaggio, condivido la scelta di organizzare degli atti, ma occorre rivedere il meccanismo delle eliminazioni. Non e' produttivo, dopo il primo turno, tagliare il 75 per cento dei team''. In Spagna si e' parlato tanto, nel bene e nel male, del party organizzato dall'azienda francese. ''Secondo me - spiega la direttrice Balanger - non si e' ben compreso lo spirito della festa: il nostro era un omaggio a tutti i challenger, non una sfilata di Vip''.