Abruzzo

Locasciulli, 'figlio dell'Abruzzo, ma vivo in 'esilio' a Roma'

Cantautore, per fare musica 'ci vuole sincerità e coraggio'

Redazione Ansa

(ANSA) - VILLA SANTA MARIA, 09 DIC - "Sono un figlio dell'Abruzzo, ma vivo da anni in 'esilio' a Roma". Così Mimmo Locasciulli, premio Tenco 2024, intervistato a margine del corso di formazione 'Musica e parole, le produzioni dialettali in Abruzzo: l'informazione attraverso la tradizione orale', organizzato a Villa Santa Maria dalla Fondazione 'Peppino Falconio' in collaborazione con l'Ordine dei Giornalisti d'Abruzzo.


    Rispondendo alle sollecitazioni di Emiliano Falconio, giornalista e fondatore con i fratelli Francesco e Stefano dell'ente, Locasciulli ha parlato a tutto tondo del suo rapporto con l'Abruzzo. "Quando sono stato invitato a questo evento e ho sentito la storia di Peppino Falconio - ha spiegato - delle attività nel campo enogastronomico e culturale della fondazione con il suo nome, ho accettato volentieri. Mi porto dentro tutta quella che è stata la mia infanzia, la mia adolescenza e quello che sono è il risultato dei tramonti, dei venti, degli odori e dei sapori dell'Abruzzo. Penso in dialetto pennese e traduco in italiano".
    "Ero molto curioso - ha sottolineato il cantautore - di vedere che tipo di esperienza di musica dialettale proponesse Disangro. Michele Avolio è il classico, Disangro è lo sperimentale, bravissimi entrambi. A Disangro faccio gli auguri perché questo è un campo molto difficile anche perché il dialetto abruzzese, e la musica che ne deriva, è considerato lingua minore derivante quasi dal napoletano come se non avesse una sua dignità, ma non è così. Ci vuole sincerità e coraggio.
    Se non sei sincero il pubblico capisce che c'è un tentativo di mistificazione e se non c'è coraggio ti fermi dopo i primi inciampi. Allora sincerità alla base di tutto e credere fino in fondo a quello che si sta facendo". (ANSA).
   

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