(ANSA) - PESCARA, 07 FEB - L'Abruzzo chiude il 2024 con
144.289 imprese registrate (2,5% delle imprese italiane) di cui
123.
Per quanto riguarda la distribuzione per settore di attività,
assai più consistenti della media nazionale le quote di imprese
agricole (17% contro 12%) e manifatturiere (9% contro 8%) e
inferiori quelle edili (13% contro 14%), commerciali (22% contro
23%) e di servizi non commerciali (31% contro 36%). Tra le
province spicca il terziario a Pescara (60%), l'agricoltura a
Chieti (26%), il manifatturiero a Teramo (11%) e l'edile a
L'Aquila (17%).
Il saldo tra iscritte e cessate (al netto delle cessazioni
d'ufficio) nel corso dell'anno è di -101 unità e il rapporto tra
saldo e stock di imprese di inizio periodo si attesta sul -0,07%
(era +0,23% l'anno precedente), assai peggiore del +0,62%
italiano (+0,70% nel 2023), che posiziona l'Abruzzo al
quintultimo posto tra le regioni seguito solo da Piemonte,
Molise, Marche e Umbria. Positivi i tassi di crescita delle
registrate a Pescara (+0,28%, +101 attività) e L'Aquila (+0,14%,
+41 unità); registrano, al contrario, valori negativi Chieti
(-0,44%, -193 imprese) e Teramo (-0,14%, - 50 attività).
Il risultato deludente mette in luce ancora una volta le
difficoltà che accomunano il sistema produttivo nazionale e
regionale, derivanti principalmente dalle poche aperture. Nel
2024 l'Abruzzo riporta un tasso di cessazione (escluse quelle
d'ufficio) del 4,82% (7.000 imprese) e si colloca a metà
graduatoria delle regioni (Italia: 4,80%), mentre il tasso di
iscrizione del 4,75% (6.899 attività) si classifica al 14°
posto. È Chieti a riportare un aumento particolarmente modesto
di iscrizioni (+4,33%, le altre province si attestano intorno al
5%) e, insieme a Pescara e Teramo, registra tassi di cessazione
intorno al 5% (L'Aquila: 4,4%).
In conclusione, il sistema regionale delle imprese totali e
soprattuto artigiane operanti in agricoltura, nel manifatturiero
e nel commercio mostra di attraversare una crisi di natura
strutturale che non trova più spiegazione al di fuori dei
confini regionali negli effetti economici derivanti dalle
difficoltà nelle catene di fornitura, dal rincaro delle materie
prime, in particolare dei prodotti energetici, e
dall'inflazione. Resistono le imprese di costruzione che
beneficiano ancora dello slancio dovuto ai provvedimenti statali
volti all'ammodernamento energetico del patrimonio edilizio e
cresce debolmente il terziario avanzato. (ANSA).
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