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Il livello di istruzione italiano cresce più lentamente della media Ocse

Redazione Ansa

Il rapporto annuale “Education at a Glance: Oecd Indicators dell'Ocse è lo studio che analizza gli attori coinvolti per l'istruzione, quanto viene speso per il settore, come funzionano i sistemi educativi e i risultati raggiunti. L’analisi include indicatori su un'ampia gamma di risultati, dal confronto delle prestazioni delle studentesse e degli studenti in aree tematiche chiave all'impatto dell'istruzione sui guadagni e sulle possibilità di occupazione degli adulti.

L'edizione 2022, lanciata il 3 ottobre, si concentra sull'istruzione terziaria, considerandone anche i costi. Un capitolo specifico è dedicato alle ripercussioni della pandemia da Covid-19 e al passaggio dalla gestione della crisi alla ripresa. Due nuovi indicatori sullo sviluppo professionale degli insegnanti e dei capi di istituto e sul profilo del personale accademico completano l'edizione di quest'anno.


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Il percorso di istruzione.

  • Livello primario. In Italia l'età dell'obbligo scolastico va dai 6 ai 16 anni, ma la fascia di età in cui almeno il 90% della popolazione partecipa a un programma di istruzione va dai 3 ai 17 anni. Il dato è in linea con la media degli altri Paesi dell'Ocse, dove oltre il 90% della popolazione è iscritto a un programma di istruzione anche per un periodo superiore a quello della scuola dell'obbligo.
  • Livello secondario. L'età media del conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore a indirizzo liceale nei Paesi dell'Ocse varia tra i 17 e i 21 anni; per l’Italia è di 19 anni. L’età media del conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore a indirizzo tecnico-professionale nei Paesi dell'Ocse è tra i 16 e i 34 anni; 21 anni per l’Italia.

In quasi tutti i Paesi dell'Ocse le donne costituiscono la maggioranza (55%) dei neodiplomati dell'istruzione secondaria superiore a indirizzo liceale; la media italiana è 61%. Mentre per quelli a indirizzo tecnico-professionale la maggioranza è costituita dagli uomini (55% media Ocse, 61% in Italia).

  • Livello terziario. L'Italia rimane uno dei 12 Paesi dell'Ocse in cui il livello di istruzione terziaria è ancora poco diffuso in termini di livello più alto di titolo di studio conseguito dalle persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni.

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Tra il 2000 e il 2021 il livello di istruzione italiano è aumentato a un ritmo più lento rispetto alla media dei Paesi dell'Ocse. Nel 2021, in Italia la quota di persone tra i 25 e i 64 anni con un livello di istruzione terziaria ha raggiunto il 20%, la metà della media dei Paesi dell'Ocse (41%). Come in tutti i Paesi dell'Ocse e in altri Paesi partecipanti, solo una piccola parte della popolazione possiede un titolo di dottorato: in Italia la quota si attesta all'1%.

Il 20% delle matricole universitarie italiane scelgono discipline artistiche e umanistiche; nella maggior parte dei Paesi dell'Ocse, le discipline più popolari sono state invece economia, gestione e giurisprudenza.

Salari e occupazione. Il livello di istruzione influisce non solo sulle prospettive di occupazione, ma anche sui livelli salariali. In media, nell'Ocse, i lavoratori tra i 25 e i 64 anni con un livello di istruzione secondaria superiore o post-secondaria non terziaria guadagnano il 29% in più rispetto ai lavoratori con un livello di istruzione inferiore a quello secondario superiore, mentre quelli con un livello di istruzione terziaria guadagnano circa il doppio. In Italia, il divario degli stipendi è inferiore.

I vantaggi per il mercato del lavoro variano considerevolmente a seconda del campo di studi prescelto dagli adulti in possesso di un titolo universitario. Nel 2021 l'Italia ha registrato i tassi di occupazione più elevati tra gli individui in possesso di un titolo di studio terziario in ambito sanitario e sociale (89%) e quelli più bassi tra coloro che hanno intrapreso un percorso di studi in discipline artistiche (69%).

Malgrado la crescente necessità di competenze digitali e le buone prospettive occupazionali per gli studenti laureati in tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Tic), solo una piccola parte dei neoiscritti all'istruzione terziaria sceglie questi indirizzi: la media Ocse    è del 6%, in Italia il 2%.

Fonte: Ocse (2022), Banca dati "Uno sguardo sull'istruzione"

Risorse finanziarie investite nell'istruzione. La spesa per gli istituti di istruzione intesa come quota del Pil o dei bilanci pubblici è un indicatore fondamentale dell'importanza che ciascun Paese attribuisce all'istruzione nelle decisioni di bilancio.

Tutti i Paesi dell'Ocse destinano una quota consistente del loro Prodotto interno lordo agli istituti di istruzione. Nel 2019, i Paesi dell'Ocse hanno speso in media il 4,9% del loro Pil per gli istituti di istruzione dal livello primario a quello terziario. In Italia, la quota corrispondente è stata pari al 3,8%.

Se in tutti i Paesi Ocse l'offerta di istruzione a livello primario e secondario in termini di programmi didattici, metodi di insegnamento e gestione organizzativa comporta modelli di spesa simili, è per l’istruzione terziaria che la spesa media varia invece notevolmente, e quella italiana si colloca tra le più basse.

In tutti i Paesi Ocse l’istruzione a livello primario e secondario in termini di programmi, metodi e gestione comporta modelli di spesa simili; è l’istruzione terziaria che registra forti divari, con l’Italia fra quelle più indietro.

Fonte: Oecd/Uis/Eurostat (2022)

Docenti e carriera. I salari di insegnanti e dirigenti scolastici costituiscono un importante fattore di attrattiva della professione di docente, ma rappresentano anche la principale voce di spesa nell'istruzione. Nella maggior parte dei Paesi dell'Ocse, gli stipendi tabellari degli insegnanti (e dei dirigenti scolastici) negli istituti pubblici aumentano proporzionalmente al grado di istruzione in cui insegnano, nonché in funzione degli anni di esperienza. Anche gli stipendi reali aumentano in base al livello di istruzione.

Detto questo, in quasi tutti i Paesi dell'Ocse gli stipendi medi reali dei docenti sono inferiori a quelli dei lavoratori pari livello di istruzione. Questo vale anche per l'Italia. Al contrario, i salari reali dei dirigenti scolastici in Italia sono molto più alti di quelli degli altri lavoratori con un'istruzione terziaria, analogamente alla maggior parte dei Paesi dell'Ocse.


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Pandemia Covid-19. Il Rapporto offre alcune considerazioni di contesto legate agli effetti della pandemia sul sistema istruzione. Nell'anno scolastico 2022, in Italia sono stati attuati programmi nazionali di sostegno agli studenti colpiti dalla pandemia a livello pre-primario, primario, secondario inferiore, secondario superiore a indirizzo liceale e professionale, nonché a livello terziario. Nell'ambito dell'istruzione primaria e secondaria superiore, le misure per affrontare gli effetti della pandemia comprendevano l'adeguamento dei programmi scolastici, il sostegno psicosociale e alla salute mentale degli studenti e l’incremento di iniziative per rinforzare e potenziare le competenze disciplinari nel periodo estivo.

L'accresciuta digitalizzazione del sistema scolastico è stata una delle principali conseguenze della pandemia in molti Paesi dell'Ocse. A livello di scuola secondaria inferiore, l'Italia ha risposto alla crisi pandemica offrendo una maggiore disponibilità di strumenti digitali a scuola, di opportunità di apprendimento ibrido, formazione digitale interna per gli insegnanti e per gli studenti.

Infine, le sfide legate alla pandemia hanno generato ulteriori pressioni finanziarie sui sistemi di istruzione. Le stime di bilancio preliminari per il 2021 indicano che, rispetto al 2020, il bilancio destinato all'istruzione dei livelli da pre-primario a terziario in Italia è aumentato considerevolmente (più del 5% in termini nominali).

Scarica il Rapporto

 

di Monica Sozzi

 

Fonte immagine: copertina del Rapporto “Education at a Glance: Oecd Indicators

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