ASviS

Nella disattenzione di molti, il Paese ha deciso di fare un salto straordinario

Redazione Ansa

di Enrico Giovannini (*)

                          

Quando abbiamo deciso di organizzare un evento sulla modifica dei principi fondamentali della Costituzione, a un anno dalla pubblicazione della relativa legge costituzionale, abbiamo pensato subito alla Biblioteca Casanatense: questo è un luogo simbolico, la prova di un cambiamento di prospettiva. C'è anche rappresentato il sistema tolemaico, con la Terra al centro. Noi pensiamo che il cambio di Costituzione, con l’inserimento della tutela dell’ambiente anche nell’interesse delle future generazioni, sia una rivoluzione copernicana. Per questo, d’ora in poi celebreremo annualmente la modifica della Costituzione anche per valutare, nello stile dell'ASviS, come essa determinerà cambiamenti nelle politiche e nella cultura del Paese.

Non posso non ricordare che c’è stata un po’ di disattenzione sulla modifica costituzionale, forse perché due giorni dopo la sua approvazione è scoppiata la guerra. Tra i danni della guerra, e non voglio essere irrispettoso, possiamo includere anche il fatto che la nostra attenzione sulla transizione ecologica si è ridotta, in nome dell’emergenza energetica.

Il giorno in cui la Camera votò definitivamente, dopo il doppio passaggio previsto dalla Costituzione, la modifica costituzionale, io ero seduto sui banchi del Governo e ascoltando gli interventi in aula non potei fare a meno di chiedermi se fosse chiaro ai parlamentari cosa stava per essere votato. Lo dico apertamente: dalle dichiarazioni di voto non mi sembrava che si fosse colta fino in fondo la novità, come se si pensasse che sì, era stata modificata la Costituzione, ma che questo non comportasse necessariamente cambiamenti rilevanti nelle politiche e nei comportamenti delle imprese.

L’impegno dell’ASviS su questa “rivoluzione copernicana” nasce da un articolo del 2015, redatto insieme ad alcuni colleghi, che pubblicammo sul quotidiano inglese "The Guardian", a pochi giorni dall’approvazione dell’Agenda 2030. Il "Guardian" scelse il titolo: “Dite addio al capitalismo, date il benvenuto alla repubblica del benessere”. L'articolo era il frutto di una riflessione fatta all’Università di Pretoria, in cui ci immaginammo cosa avrebbe dovuto fare un ipotetico nuovo Stato ("brand new" in inglese) per mettere lo sviluppo sostenibile al centro della propria azione.

Indicammo sette punti: il primo era inserire in Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile. Fatto, potremmo dire, ben sapendo che l'interpretazione dei nuovi principi passerà per la Corte costituzionale, per le nostre Corti, che dovranno esprimersi su ricorsi contro leggi e procedimenti ritenuti contrari ai nuovi principi, come accaduto in altri Paesi europei. Si tratta di un fenomeno ancora tutto da scoprire proprio perché, come ha ricordato Simone Morandini nella sua relazione, i principi introdotti in Costituzione in relazione a un tema particolare, la giustizia intergenerazionale introdotta con riferimento all’ambiente, possono essere utilizzati per altri temi. È così che si rende viva la Costituzione.

Il secondo punto delle nostre proposte del 2015 riguardava l’organizzazione dei ministeri. Per realizzare l’Agenda 2030 che di lì a poco sarebbe stata approvata dalle Nazioni Unite, ritenevamo necessario disegnare i ministeri in maniera diversa da quella usuale (Interni, Lavoro, Finanze, ecc.) perché la coerenza delle politiche è indispensabile per realizzare uno sviluppo sostenibile. Lo abbiamo fatto in Italia? In realtà siamo stati oscillanti. Noi, come ASviS, ci siamo battuti per portare il coordinamento delle politiche per la sostenibilità alla Presidenza del Consiglio. Ci siamo riusciti con il governo Conte due. Successivamente, il governo di cui ho fatto parte, contro il mio parere come potete immaginare, ha deciso di spostare nuovamente la competenza al ministero per la Transizione ecologica, oggi ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica. Crediamo che questa non sia la soluzione ottimale. In alcuni Paesi, come in Spagna, c’è addirittura un Vicepresidente del Consiglio ad avere il compito di attuare l’Agenda 2030.

Abbiamo anche bisogno di pensare meglio alle dizioni, e quindi alle competenze, dei singoli ministeri. Non a caso decisi di cambiare il nome del ministero che mi fu affidato, mettendo la parola “sostenibili”, al plurale, per le infrastrutture e per la mobilità. Sappiamo che il Governo attuale ha deciso di tornare alla dizione precedente, cancellando il riferimento alla sostenibilità, ma al di là di questo, il vero tema è come riuscire a rendere centrali le politiche per lo sviluppo sostenibile e a realizzare un coordinamento tra di esse. Una delle proposte dell'ASviS, che è stata approvata nel corso del tempo, era la trasformazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (il centro di decisione degli investimenti pubblici), in Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile. Da Cipe a Cipess. Questo cambio è stato fatto, ma bisogna cambiare il modo in cui il Comitato prende le decisioni. C'era una direttiva del presidente del Consiglio Draghi per cui, entro il 2022, il Cipess si sarebbe dovuto dotare di un nuovo modo di valutare i progetti infrastrutturali e di sviluppo. Purtroppo, con la caduta del governo, benché fosse stata preparata la delibera Cipess per valutare i nuovi investimenti rispetto ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, è caduto anche questo. La speranza è che il nuovo Governo riparta da lì.

Il terzo punto riguardava lo sviluppo di indicatori statistici. Su questo l’Italia è molto avanti, con gli indicatori del Bes (Benessere equo e sostenibile), prima ancora che l’Agenda 2030 venisse definita, e poi con la pubblicazione periodica dell’Istat degli indicatori sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Sulla base di questi, l’ASviS calcola gli indicatori nazionali e regionali, così come li calcola per i Paesi europei sulla base dei dati Eurostat. Ciò vuol dire che non possiamo dire di non avere i dati per capire cosa accade e disegnare politiche per migliorare la situazione.


VISITA LA PAGINA ASVIS “I NUMERI DELLA SOSTENIBILITÀ”


Al di là dei dati statistici sul recente passato, dovremmo guardare anche al futuro e sviluppare modellistiche per fare migliori valutazioni delle politiche. E l'Italia su questo non è dove dovrebbe essere. Lo abbiamo visto con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): quando al ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, unico fra i ministeri, abbiamo voluto fare una valutazione d’impatto dei 61 miliardi di nostra competenza rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, abbiamo dovuto fare una serie di analisi estemporanee, perché non c’erano modelli a disposizione del governo per una valutazione complessiva degli effetti del Piano.

Il quarto punto: cambiare la logica dell’analisi costi-benefici per dare maggiore peso al futuro rispetto al presente. Questo ha a che fare con il tasso di sconto che si utilizza nella valutazione dei progetti, cioè con l'elemento che mette in connessione i benefici e i costi presenti con i benefici e i costi futuri. Spesso l’analisi costi-benefici dà troppo peso al presente e quindi, alla luce dei nuovi principi costituzionali, la valutazione delle leggi andrebbe modificata. Per esempio, dovremmo introdurre nelle relazioni illustrative delle leggi la valutazione intertemporale degli effetti attesi, magari imparando dai Paesi che già da tempo fanno questo tipo di analisi. In Italia viene fatta per l’impatto sul debito pubblico, ma non sul debito ecologico o sulle disuguaglianze. Sembrano aspetti tecnici, ma sono fortemente politici, in quanto potrebbero cambiare il modo di disegnare le politiche pubbliche.

Continua a leggere su asvis.it

 

 

(*) Dall’intervento di Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), all’evento “Costituzione, ambiente e future generazioni: un anno dopo, a che punto siamo?” organizzato il 22 febbraio alla Biblioteca Casanatense di Roma. L'iniziativa ha raggiunto, attraverso i canali dell’Alleanza, 45mila persone con più di 38mila visualizzazioni della diretta. La diretta dell’evento è stata diffusa anche sui siti Ansa, Green&Blue di la Repubblica, Quotidiano Nazionale, Radio Radicale, Rainews e sulle pagine Facebook Ansa, Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione, Quotidiano Nazionale, Rai per la sostenibilità Esg e Radio Radicale. 

Leggi l'articolo completo su ANSA.it