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I progressi verso il conseguimento dell’Obiettivo 5 “Parità di genere” dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile registrati negli ultimi sette anni, ovvero dalla firma del documento Onu, sono incompatibili con gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 e insufficienti per consentire un allineamento con la media Ue. A rivelarlo sono i dati contenuti nel Rapporto ASviS 2023, che mettono in luce le ancora forti disuguaglianze di genere in Italia.
Sebbene dal 2015 l’indicatore composito italiano per il Goal 5 sia complessivamente migliorato (nonostante la drammatica battuta d’arresto durante la pandemia), grazie all’aumento della speranza di vita per le donne e della quota di occupate (55% nel 2022, +2,9 punti percentuali rispetto al 2020), alla riduzione del part-time involontario, a un numero più alto di laureate in materie tecnico-scientifiche (13,2% nel 2022) e alla crescente presenza femminile in ruoli apicali, inclusi i consigli di amministrazione, e nei consigli regionali, si tratta di progressi comunque limitati.
L’Italia, infatti, si colloca al 79esimo posto nella graduatoria di 146 Paesi del Global gender gap report 2023, con un arretramento di 16 posizioni rispetto al 2022, facendo sì che al ritmo di progresso attuale, l’Ue raggiungerà la parità di genere in 67 anni, mentre per l’Italia i tempi saranno ancora più lunghi. Anche l’European institute for gender equality assegna al nostro Paese un valore di 3,6 punti in meno rispetto alla media europea. In particolare, il tasso di occupazione femminile rimane significativamente più basso rispetto alla media europea (nel 2021 inferiore di 14,4 punti percentuali). Crescono poi in Italia le disuguaglianze tra le regioni: tra il 2010 e il 2019 le prime cinque aumentano il valore medio dell’indice relativo all’occupazione, mentre le ultime cinque rimangono sostanzialmente stabili, determinando quindi un aumento delle differenze. Negli ultimi tre anni, invece, le distanze tra i diversi territori rimangono sostanzialmente inalterate.
Il Rapporto ripercorre altre gravi lacune del nostro Paese: le carenze nel welfare per quanto riguarda l’offerta di servizi; la difficile situazione reddituale delle donne e il limitato supporto nei carichi di cura, che incide anche sul costante calo del tasso di natalità. Perdurano inoltre i fenomeni di violenza di genere in ambito familiare, lavorativo, sanitario ed economico, che nella loro forma più estrema sfociano nel femminicidio. Solo nel 2022, secondo il Position paper del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5, gli omicidi contro le donne sono stati 125. Il provvedimento che più incide nel contrasto alla violenza di genere è la legge n.69 del 2019, il cosiddetto “Codice Rosso”, che ha rafforzato le tutele di coloro che subiscono violenza attraverso modifiche al Codice penale.
Altri provvedimenti hanno avuto nel corso degli anni un impatto significativo sulla parità di genere. Solo per citarne alcuni, tra i numerosi ripercorsi dal Rapporto ASviS, la Legge “Golfo-Mosca” (n.120/2011) che impone quote di genere negli organi di gestione delle società quotate e di quelle a partecipazione pubblica; la Legge 15 febbraio 2016 n.20 per la promozione delle pari opportunità nell’accesso alle cariche elettive regionali; la Legge n. 165/2017 per l’alternanza di genere nelle candidature nella parte proporzionale; la Legge n. 3/2018, che garantisce una medicina orientata al genere in tutte le sue applicazioni; l’estensione del congedo obbligatorio di paternità, a partire dalla Legge di bilancio 2018; la Legge n. 162/2021 che introduce il Fondo per la parità salariale e la certificazione di genere; la Legge di bilancio 2022 che incrementa la quota del Fondo di Solidarietà Comunale (Fsc) destinato a potenziare il numero di posti disponibili negli asili nido e nei servizi educativi per l’infanzia, e fissa un livello minimo garantito (33% su base locale entro il 2027); la creazione di altri Fondi per il finanziamento delle politiche di genere, gestiti da amministrazioni diverse, che tuttavia a causa della frammentarietà degli sforzi non riescono a sostenere adeguatamente la natalità e la promozione organica della parità tra uomini e donne.
Una spinta significativa potrà arrivare dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che individua la parità di genere come una delle tre priorità trasversali perseguite in tutte le missioni e prevede l’adozione della Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 che si inserisce nel solco della Strategia europea. Occorre però vigilare sulla sua implementazione, osserva il Rapporto ASviS, a partire dal rispetto delle quote di assunzione per donne e giovani nei progetti appaltati.
Il documento indaga anche la consapevolezza della società italiana sull’importanza della lotta per la parità di genere. I numeri non sono confortanti: dalle ricerche Ipsos emerge che, tra coloro i quali conoscono l’Agenda 2030, solo il 13% considera il Goal 5 come prioritario, relegandolo in sestultima posizione tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile.
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LE PROPOSTE
Realizzare un profondo cambiamento culturale attraverso il contrasto agli stereotipi di genere, a partire dal linguaggio e da percorsi educativi nuovi.
Adottare un piano integrato e sistemico per aumentare l’occupazione femminile e giovanile e perseguire la parità di retribuzione tra uomini e donne, incrementando il numero di donne nei luoghi decisionali e puntando su lavoro stabile e di qualità.
Contrastare il part-time involontario che compromette il benessere delle donne nonché il diritto all’indipendenza e alla maternità e introdurre un congedo di paternità pienamente retribuito, significativo e non simbolico.
Riconoscere il valore economico del lavoro di cura, assicurando adeguati servizi di welfare e condivisione delle responsabilità tra lavoratrici e lavoratori.
Promuovere la premialità per le imprese con certificazioni di genere e che occupano le donne.
Prevenire e combattere ogni forma di violenza contro le donne, da quella sessuale a quella psicologica, sociale o economica, con adeguati quadri giuridici e finanziamenti.
Andamento dell’Europa rispetto al Goal 5
Andamento dei Paesi europei a confronto
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