ASviS

“Decarbonizzazione tra due secoli” se non invertiamo rotta

Redazione Ansa

A novembre, per la prima volta nella storia, la temperatura media globale ha oltrepassato i due gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali. A dichiararlo il servizio Copernicus sui cambiamenti climatici dell’Unione europea. Il record “senza precedenti”, registrato venerdì 17 novembre (+2,07°C rispetto alla media preindustriale), è proseguito anche sabato 18 (+2,06°C). Gli esperti hanno esortato ancora una volta il mondo ad agire, “per evitare ondate di caldo, uragani e scioglimento delle calotte polari”.

È comprensibile dunque la ragione per cui il Goal 13 “Lotta al cambiamento climatico” venga considerato dalla popolazione italiana il più importante tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, secondo il sondaggio Ipsos contenuto nel Rapporto ASviS 2023. Questa percezione è da attribuire principalmente alla minaccia diretta che il cambiamento climatico rappresenta per l’ambiente, la salute umana e gli ecosistemi.

Ma come siamo messi, effettivamente, in Italia? Secondo l’indicatore composito elaborato dall’Alleanza le emissioni di CO2 e di gas climalteranti sono diminuite tra il 2010 e il 2014, per poi aumentare fino al 2017 e diminuire nuovamente fino al 2019. Nel 2020 si assiste a una drastica riduzione delle emissioni, dovuta al parziale arresto delle attività economiche, compensata nel 2021 e nel 2022 dalla ripresa di tali attività, e tornando ai livelli del 2019. La discesa delle emissioni in Italia, dal 1990 al 2022, è pari a -18,6% (un ritmo annuo di -0,6%): “Se tale trend fosse confermato nel futuro, l’Italia giungerebbe alla decarbonizzazione tra circa due secoli”.

Emissioni vuol dire riscaldamento globale, un fenomeno per certi versi ormai inevitabile. Per questo, oltre alle operazioni di mitigazione (per contenere l’aumento della temperatura), l’Agenda 2030 punta sullo sviluppo degli strumenti di adattamento necessari per preservare la società di fronte allo sviluppo degli eventi estremi, che diventeranno con il tempo “ancor più gravi di quelli (già gravi) che hanno colpito l’Italia e tutto il mondo nel 2023”.

Il Rapporto sottolinea come negli ultimi sette anni le misure di contrasto e adattamento ai cambiamenti climatici siano state inserite nelle politiche pubbliche nazionali in maniera troppo esitante e contraddittoria. Accanto alla modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione (risultato storico raggiunto anche grazie all’intensa attività di dialogo e monitoraggio dell’ASviS), alla trasformazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) in Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) e all’istituzione del Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite), le decisioni e le risorse impiegate su questi temi appaiono inadatti alle necessità e agli impegni internazionali ed europei assunti dall’Italia.

È fondamentale da questo punto di vista che il Paese si doti di una Legge sul clima, analogamente a quanto fatto dagli altri grandi Stati europei, possibilmente con il voto favorevole di tutte le forze politiche, come accaduto per la riforma costituzionale. In particolare, la Legge dovrebbe: sancire l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050, con step intermedi conseguenti; stabilire una governance istituzionale efficace per raggiungere gli obiettivi fissati; istituire un Consiglio Scientifico per il Clima; definire il percorso temporale per eliminare i sussidi e gli altri benefici pubblici che danneggiano l’ambiente e la salute umana.

Altro snodo cruciale riguarda il rafforzamento delle bozze del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec, di cui abbiamo già parlato qui) e del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), strumento di pianificazione nazionale per individuare le azioni di adattamento più efficaci.


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 LE PROPOSTE 

Dotarsi di una Legge sul clima, analogamente a quanto fatto dagli altri grandi Stati europei, possibilmente con il voto favorevole di tutte le forze politiche.

Finalizzare e approvare il prima possibile il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), revedendo risorse finanziarie adeguate per la sua attuazione.

Rafforzare e approvare quanto prima il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), correggendo le significative debolezze in vista della definizione del documento finale.

Alzare l’obiettivo di riduzione delle emissioni dal 45% previsto nell’attuale Pniec al 55%, richiesto dall’Europa (pacchetto “Fit for 55”).

Eliminare i Sussidi ambientalmente dannosi, in particolare per i mercati più rilevanti (come il gasolio).

Rispettare gli impegni presi con il Green climate fund, che ammontano per ora a 1,4 miliardi di dollari annui, mentre dovrebbero raggiungere circa i quattro miliardi.  

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