In un anno è quasi raddoppiata la percentuale di donne che dichiara di aver subito contatti fisici indesiderati sul posto di lavoro, raggiungendo il 40% rispetto al 22% del 2022. La situazione peggiora per le donne che ricoprono ruoli dirigenziali, arrivando al 47% per le dirigenti e al 54% per le imprenditrici. Sono i dati che emergono dal sondaggio Lei (Lavoro, equità, inclusione) sulle discriminazioni e molestie nel mondo del lavoro, condotto dalla Fondazione Libellula con il coinvolgimento di oltre 11mila donne lavoratrici dipendenti e autonome e presentato a Milano il 5 marzo.
Quasi un terzo delle donne (27%) afferma di aver subito richieste o comportamenti sessuali non graditi o non sollecitati e sette donne su diecihanno ricevuto complimenti e allusioni sul proprio corpo che le hanno fatte sentire a disagio. Per evitare commenti o attenzioni indesiderate quasi una donna su due modifica il proprio abbigliamento. Sette donne su dieci sono state oggetto o hanno sentito battute sessiste o volgari verso altre donne sul posto di lavoro.
L’impatto della maternità sul lavoro
Rimane ampio il divario salariale (gender pay gap): quasi il 60% delle donne lavoratrici ha una retribuzione inferiore al collega uomo a parità di ruolo, responsabilità e anzianità di servizio, una percentuale che sale all’84% tra le donne lavoratrici con figli o figlie al di sotto dei tre anni. La penalizzazione delle madri lavoratrici è nota come child penalty. Come rileva il Rapporto ASviS 2023, la maternità ha un impatto anche sui tassi di occupazione femminile: nel 2022 ogni cento donne occupate senza figli o figlie ce n’erano 72,4 con figli o figlie.
DAL RAPPORTO ASviS DATI E PROPOSTE SUL DIVARIO DI GENERE
L’indipendenza economica
Il 92% delle partecipanti al sondaggio ha dichiarato dioccuparsi in autonomia della gestione delle proprie finanze e l’89% di possedere un conto corrente a sé intestato. Come sottolinea la Fondazione, il dato è più alto rispetto ad altre rilevazioni sull’indipendenza economica femminile. Secondo una ricerca condotta da Global thinking foundation, ad esempio, solo il 68,8% delle donne è indipendente, mentre il 31,2% è dipendente dal partner o da un altro famigliare. La violenza economica è strettamente collegata ad altre forme di violenza: come racconta l’Istat nell’episodio “Un certo genere di violenza” del podcast “Dati alla mano”, il 40% delle donne che si sono rivolte a un centro antiviolenza nel 2022 ha affermato di aver subito una qualche forma di violenza economica (come l’impossibilità di utilizzare il proprio reddito) e il 60% non era indipendente dal punto di vista economico.
CONSULTA IL POSITION PAPER ASVIS
“L’EGUAGLIANZA DI GENERE: UN OBIETTIVO TRASVERSALE”
Come cambiare la situazione?
Per prima cosa occorre educare le persone a riconoscere le diverse forme di discriminazione e le microaggressioni. Sei donne su dieci, ad esempio, non vengono chiamate con il proprio titolo professionale, ma con “signora”, “signorina” o “ragazza” e una donna su due viene interrotta frequentemente o è meno ascoltata rispetto a un collega uomo durante una riunione.
“Va formato tutto il personale di un’azienda, il management, chi si occupa di reclutamento, anche i collaboratori e le collaboratrici. Poi si possono aggiungere altre azioni, migliorative, ma si parte dalla formazione perché il grande problema è che non ci è mai stato spiegato cosa è una molestia”, ha detto Flavia Brevi, responsabile comunicazione della Fondazione Libellula, in un’intervista rilasciata a Percorsi di Secondo Welfare. Fondazione Libellula suggerisce alle aziende di adottare misure anti-molestie e di informare il proprio personale su come comportarsi nel caso subisca una molestia o assista a una molestia nei confronti di un’altra persona.
Fonte copertina: mtoome, da 123rf.com
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