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Cosa accadrà alla scadenza dell’Agenda 2030? Dobbiamo essere “Guardiani del futuro”

Redazione Ansa

L’Italia è in ritardo, l’Europa ha compiuto importanti passi avanti, ma c’è ancora molto da fare, il mondo non è sulla buona strada.

Eccola la narrativa che ci insegue ogni anno quando escono i Rapporti che fanno il punto sullo stato di attuazione dell’Agenda 2030 e dei suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs). E anche quest’anno la storia si ripete con la pubblicazione delle edizioni 2024 del Sustainable development report di Sdsn e del rapporto di Eurostat sugli SDGs nell’Unione europea e delle nuove raccomandazioni della Commissione europea all’Italia che includono un’analisi sugli SDGs. Dello stesso tono è anche la nota del Segretario generale dell’Onu António Guterres in vista dell’High-level political forum (Hlpf), il summit che si terrà a New York dall’8 al 18 luglio per fare il punto sullo stato di attuazione dell’Agenda 2030, specialmente sul tema della lotta alla povertà.

Viene dunque da chiedersi: che senso ha proseguire con impegno se tanto non facciamo mai abbastanza? Gli sforzi richiesti dall’Agenda 2030 sono forse troppo ambiziosi? E che cosa succederà a quegli Obiettivi che non riusciremo a raggiungere entro la data stabilita? Ma soprattutto, quando arriverà alla sua scadenza, che cosa accadrà all’Agenda 2030 stessa?

A quest’ultimo interrogativo hanno provato a risponderedieci studiosi, tra cui Mariana Mazzucato, Johan Rockström e Jeffrey Sachs, in un articolo pubblicato su Nature in vista del Summit del futuro che si terrà a settembre, avanzando all’Onu sei priorità da seguire. È sulla base delle loro riflessioni, dei risultati dei Rapporti degli ultimi mesi e dei dibattiti interni all’ASviS che proverò a fornire una prima risposta a queste domande.

Prima di tutto, capiamo a che punto siamo. Secondo la nota di Guterres, solo il 15% dei 139 Target analizzati (su 169 totali) potrà essere raggiunto entro il 2030; il 49% presenta progressi minimi o moderati, mentre il 17% è fermo e il 19% è regredito rispetto ai livelli del 2015. Il Rapporto di Sdsn, che analizza le performance dei singoli Paesi, sottolinea che “nessuno dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile è sulla strada giusta per essere raggiunto entro il 2030”; i Paesi europei, in particolare quelli nordici, si trovano in cima alla classifica dell’SDGs Index, i Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) dimostrano buoni progressi, ma quelli poveri e vulnerabili restano molto indietro. L’Europa sta dunque guidando e deve continuare a “guidare gli sforzi verso il raggiungimento degli Obiettivi”, come sottolineato dal Commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni in una conferenza sugli SDGs nell’Ue del 18 giugno in cui è stato presentato il Rapporto Eurostat, ma i risultati non sono uniformi tra i Paesi membri e alcuni Goal sono peggiorati (3 “Salute e benessere”, 7 “Energia pulita e accessibile” e 15 “Vita sulla Terra”).

Alla conferenza è intervenuto anche Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, il quale ha ricordato i quattro anni persi dopo la firma dell’Agenda 2030 con la Commissione Juncker, che non aveva scelto di metterla al centro delle politiche europee, e ha rimarcato il grande cambiamento operato al riguardo dalla Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Ora bisognerà vedere sela nuova legislatura europea confermerà tale approccio: “Temo che il nuovo ciclo politico non sarà costruito su ciò che è stato fatto”, ha affermato Giovannini esprimendo alcune raccomandazioni per monitorare e accelerare il percorso verso la sostenibilità, tra cui la necessità di focalizzarsi non solo sui risultati raggiunti ma soprattutto su come recuperare i ritardi, elaborando report semestrali da parte della Commissione che valutino l’impatto delle nuove normative sugli SDGs.

Il recente documento della Commissione europea sull’attuazione delle nuove regole fiscali conferma l’importanza dell’impegno dell’Unione europea per l’attuazione dell’Agenda 2030, fugando, almeno in parte, le preoccupazioni di Giovannini, anche se l’enfasi su questo tema appare inferiore a quella dei documenti del 2019. Per capire meglio l’orientamento politico della nuova Commissione bisognerà attendere il programma che Ursula von der Leyen, riconfermata dal Consiglio europeo a capo della Commissione, dovrà presentare a metà luglio al Parlamento europeo, ma non si può non notare che nel documento sulle priorità strategiche votato ieri dal Consiglio europeo l’enfasi appare spostata su temi come la competitività, la difesa e lo stato di diritto, anche se in esso si legge che “l’Unione europea proseguirà gli sforzi per promuovere la pace, la giustizia e la stabilità globali, nonché la democrazia, i diritti umani universali e il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile in tutti i consessi internazionali. Ci impegneremo per un sistema multilaterale riformato, rendendolo più inclusivo e più efficace” e che “nel nostro percorso verso la neutralità climatica entro il 2050, saremo pragmatici e sfrutteremo il potenziale delle transizioni verde e digitale per creare i mercati, le industrie e i posti di lavoro di alta qualità del futuro … creeremo un ambiente più favorevole per aumentare la capacità produttiva europea di tecnologie e prodotti a zero emissioni … perseguiremo una transizione climatica giusta ed equa, con l’obiettivo di rimanere competitivi a livello globale e aumentare la nostra sovranità energetica … Ciò aumenterà il reddito reale e il potere d’acquisto, migliorando così gli standard di vita di tutti i cittadini dell’Ue”.

E l’Italia? Le raccomandazioni della Commissione europea del nuovo Pacchetto di primavera, contenenti analisi anche sugli SDGs (si veda il grafico sotto), registrano progressi su gran parte degli indicatori, ma evidenziano anche che il nostro Paese deve rimettersi al passo con la media Ue sulla maggior parte degli Obiettivi. Anche il Rapporto ASviS di ottobre aveva registrato avanzamenti e ritardi, indicando un ampio pacchetto di misure finalizzate a colmare la distanza che ci separa dal raggiungimento degli Obiettivi e recuperare i ritardi. Da segnalare, a tale proposito, che il 4 luglio, nell’ambito della conferenza nazionale di statistica, verrà presentata la settima edizione del Rapporto Istat sugli SDGs.

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