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Crisi climatica: l’80% della popolazione mondiale chiede azioni più incisive

Redazione Ansa

Emerge un consenso dalla portata definita “sorprendente” dal Peoples' climate vote 2024, la seconda edizione del sondaggio sul cambiamento climatico promosso dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), i cui risultati sono stati pubblicati il 20 giugno. L’indagine, più ampia della precedente nel 2021, ha coinvolto oltre 73mila persone in 77 Stati che rappresentano l’87% della popolazione mondiale, raggiungendo anche cittadini mai interrogati prima sulla questione e gli Stati più poveri del mondo.

Le interviste, raccolte tra settembre 2023 e maggio 2024, rilevano come le persone stanno vivendo la crisi climatica, le opinioni su come i Paesi l’hanno gestita finora e come vorrebbero la affrontassero. Leader e politici di tutto il mondo sono invitati a prenderne atto, sottolinea l’Undp, in vista della scadenza a febbraio 2025 quando dovranno presentare i loro piani d’azione sul clima, i cosiddetti “contributi determinati a livello nazionale”, aggiornati e allineati con l’Accordo di Parigi, che impegna a limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5°C rispetto all’era preindustriale. Le nuove promesse dei Paesi serviranno a definire le strategie di contrasto alla crisi climatica nel corso della Cop 30, prevista entro il 2025, tenuto conto che il cambiamento climatico sta accelerando più rapidamente del previsto.


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Ansia crescente e impatto sulle decisioni importanti

Oltre la metà delle persone intervistate (53%) ha dichiarato di essere più preoccupata per il cambiamento climatico rispetto all'anno precedente, con un dato ancora maggiore in Italia (65%). L'ansia è cresciuta maggiormente nei Paesi meno sviluppati (59%), e i più vulnerabili, rispetto ai membri del G20 (50%), e in tutte le fasce d'età, incluse quelle più anziane che in passato risultavano meno consapevoli sulla problematica. Le donne ne sono più colpite (55%) rispetto agli uomini (51%), soprattutto in America Latina e nei Caraibi. La maggioranza dichiara di pensare al cambiamento climatico regolarmente e per oltre due terzi (69%) stainfluenzando decisioni importanti, come scegliere il luogo dove vivere o lavorare e cosa acquistare, una tendenza più evidente nei Paesi meno sviluppati di America Latina, Caraibi, Africa sub-sahariana, Europa centrale, Asia e Pacifico. Il 43% percepisce un peggioramento negli eventi meteorologici estremi rispetto all'anno prima, soprattutto nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo (53%), che contribuiscono solo per l'1% alle emissioni di gas serra.

Gestione e ruoli decisivi nella sfida climatica

Solo metà degli intervistati (49%) ritiene che il proprio Paese stia affrontando molto bene il cambiamento climatico. In Italia lo pensa appena il 5%, prevalendo una valutazione complessivamente negativa. I più ottimisti si trovano in Arabia Saudita (81%), Bhutan (80%) ed Etiopia (78%), mentre i più pessimisti sono ad Haiti (73%), Brasile (60%), Iran e Spagna (55%). Le donne e le persone più istruite tendono a essere meno soddisfatte degli sforzi dei loro Paesi. A livello globale, il maggior impatto nella lotta al cambiamento climatico viene attribuito al governo (43%).In Italiasolo il9% gli riconosce questo merito, preferendo i gruppi di attivisti (30%), seguiti dall'Unione europea (20%) e le Nazioni Unite (10%). Per quanto riguarda il ruolo delle imprese, la fiducia nei loro sforzi è limitata.  La quota di coloro che ritengono stiano svolgendo un buon lavoro varia dal 48% in Asia e Pacifico al 18% in Europa occidentale e settentrionale.

Un appello mondiale per una rapida transizione energetica

Quattro intervistati su cinque (80%) chiedono ai rispettivi Paesi di intensificare gli impegni nell’ azione climatica, con un sostegno quasi unanime in Italia (93%). Ben 62 dei 77 Stati esaminati (85%), inclusi otto dei maggiori produttori di combustibili fossili, ha una maggioranza favorevole a una rapida transizione all'energia pulita, con l’Italia tra i primi dieci (89%). Quasi otto persone su dieci vogliono che il proprio Paese offra maggior protezione alle popolazioni più a rischio di eventi meteorologici estremi, ma  con significative differenze regionali: in America Latina e nei Caraibi è il 92% a sollecitare più aiuti, contro il 58% nel Nord America, con gli Stati Uniti  fermi al 57%.Circa l’80% dei partecipanti al sondaggio sollecita il proprio Paese a fare di più per proteggere e ripristinare la natura e di  potenziare l’educazione sui cambiamenti climatici nelle scuole.

Nessun Paese deve affrontare il cambiamento climatico da solo

Una vasta maggioranza (86%) sostiene che le nazioni dovrebbero collaborare per affrontare la crisi climatica, nonostante i disaccordi su altre questioni cruciali. Oltre tre persone su quattro chiedono agli Stati più ricchi di aumentare gli aiuti a quelli più poveri. Una richiesta maggiormente sentita tra i Paesi a basso reddito (91%) e, in cinque Paesi del G20, tra le donne (80%),  con gli Stati Uniti che presentano il divario maggiore (+18 punti percentuali in più per la componente femminile). A livello globale, il consenso ad aumentare gli aiuti ai Paesi più poveri cresce con il livello di istruzione: dal 77% di chi non ha mai frequentato la scuola all'88% di chi ha un’istruzione post-secondaria.

Leggi il Peoples'climate vote 2024

 

di Antonella Zisa

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