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L’Ue migliora nella capacità d’innovazione ma con ampi divari tra Stati membri

Redazione Ansa

L’8 luglio è stato pubblicato da parte della Commissione europea, il quadro europeo di valutazione dell'innovazione (European innovation scoreboard - Eis). Il comunicato stampa della Commissione sintetizza in una frase i risultati indicando come la performance dell’Europea è stabile nel miglioramento progressivo ma a diverse velocità tra i diversi Stati membri. Precisamente, tra il 2023 e il 2024, l’indice è migliorato per 15 Stati membri, è peggiorato per 11, mentre per uno Stato (la Croazia) è rimasto stabile.

 L’Eis è una pubblicazione annuale che valuta le performance dei diversi Stati considerando 32 indicatori. Questi restituiscono una valutazione complessiva in un indice composito che classifica gli Stati membri in quattro gruppi di innovazione (vedi fig.1), sulla base dei rispettivi punteggi:

  • i leader dell'innovazione (i risultati sono superiori al 125 % della media dell'Ue);
  • innovatori forti (tra il 100 % e il 125 % della media Ue);
  • innovatori moderati (tra il 70 % e il 100 % della media Ue);
  • innovatori emergenti (al di sotto del 70 % della media Ue).


La Danimarca si conferma leader dell’innovazione, seguita dalla Svezia, la Finlandia e dai Paesi Bassi. L’Italia si posiziona al di sotto della media Ue come innovatore moderato, con un punteggio di 98,6, in crescita di 0,8 punti rispetto al 2023 e di 15 punti rispetto al 2017.

Effettuando un’analisi comparativa più ampia, includendo altri Paesi europei e concorrenti globali selezionati, l’Eis mostra un panorama internazionale in evoluzione, in cui la Svizzera risulta essere il Paese europeo più innovativo e la Corea del Sud si conferma come il top performer globale in innovazione anche nel 2024. Allo stesso tempo la Cina risulta aver superato il Giappone e sta colmando il divario con l’Ue.

Nel contesto globale, l’Ue mantiene comunque una posizione solida, dimostrando buoni risultati nella maggior parte degli indicatori, comprese per le Pmi che introducono innovazioni di prodotto e di processo e tecnologie legate all’ambiente. Per contro, l’Eis registra anche un calo del patrimonio intellettuale dell’Ue nel periodo 2017-2024, in particolare nella quota di domande di brevetti e design internazionali. Come indicato nella relazione di sintesi, l’Ue per migliorare deve ancora far fronte a sfide rispetto ai suoi principali concorrenti globali nelle competenze intellettuali, nella collaborazione tra Pmi e nella spesa in ricerca e sviluppo da parte delle imprese.

Gli indicatori selezionati dall’Eis valutano un insieme articolato di fattori. Come verificabile anche consultando lostrumento interattivo online che accompagna l’Eis, i fattori considerati si suddividono in cinque aree:

  • Le condizioni di contesto che considerano le risorse umane nei livelli di istruzione secondaria, i dottorati in materie Stem, l’istruzione lungo l’arco della vita, le collaborazioni internazionali, la disseminazione di risultati della ricerca, la percentuale di ricercatori stranieri, le competenze digitali e la disponibilità della rete a banda larga.
  • Gli investimenti, in termini di entità economica da parte delle istituzioni pubbliche, settore degli investimenti privati e imprese.
  • Attività innovative, intese come adozione di processi e soluzioni innovative che siano con successo commercializzate e sfruttate nelle imprese (con particolare attenzione alle Pmi), valutando anche la capacità di espansione del panorama delle soluzioni digitali in Ue e nel mondo.
  • Valutazione dell’impatto sui livelli d’impiego, vendite ed esportazioni, indicatori di sostenibilità ambientale (che include la produttività delle risorse, le emissioni di particolato fine e adozione di tecnologie relative all’ambiente).

Qualche giorno prima dell’Eis è stato pubblicato anche il Rapporto del Jrc della Commissione europea monitorare la performance innovativa dei Paesi: l’Innovation Output Indicator 2023 che specificamente approfondisce la valutazione d’impatto dell’innovazione, misurando la capacità dei Paesi di trarre benefici economici dall’innovazione monitorando la misura in cui le idee innovative raggiungono il mercato, creano posti di lavoro ad alta intensità di conoscenza e aumentano la capacità tecnologica del Paese.

Analizzando i risultati relativi all’Italia, dall’Eis emergono come fattori di relativa forza la produttività delle risorse, la collaborazione pubblico-privato nelle pubblicazioni, l’introduzione di prodotti innovativi nelle Pmi, mentre come fattori di relativa debolezza sono evidenziate la carenza di competenze, rappresentata da un basso livello di popolazione con educazione terziaria, la bassa presenza di studenti dottorandi stranieri rispetto al totale, e la bassa mobilità e scambio di competenze, caratteristiche che confermano per l’Italia la criticità degli aspetti relativi alle risorse umane, e una bassa attrattività per i talenti. 

I miglioramenti rispetto al 2023 sono relativi alla capacità delle Pmi d’introdurre processi innovativi di business e dispiego di maggior risorse nella formazione dei propri dipendenti. Ciò nonostante l’Eis evidenzia anche una riduzione della spesa pro-capite per dipendente in innovazione.

Come indicato nell’introduzione dell’uscente commissaria europea all’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’educazione e la gioventù Iliana Ivanova, l’Eis è un utile strumento per valutare e guidare l’azione politica evidenziando come l’innovazione sia essenziale per la competitività a lungo termine, attraverso la crescita della produttività e in un contesto di sostenibilità ambientale, stabilità macroeconomica ed equità.

Di assoluta importanza è pertanto per gli Stati membri riflettere sui risultati che emergono dai diversi indicatori e la comparazione degli stessi con i top performer nella definizione delle politiche. Come richiama ancora l’Eis, Il riferimento strategico europeo da declinare con le politiche nazionali per l’innovazione è rappresento dalla nuova agenda europea per l'innovazione, lanciata nel 2022, quale strumento fondamentale per colmare il divario in innovazione.

di Luigi Di Marco

 

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