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Il tasso di riscaldamento degli oceani è quasi raddoppiato negli ultimi 20 anni

Redazione Ansa

La maggior potenza e frequenza degli eventi estremi, l’uragano Milton ne è una chiara dimostrazione, è spiegata anche da un riscaldamento degli oceani che prosegue a un “ritmo senza precedenti”. Secondo l'ottavo Ocean state report rilasciato da Copernicus, pubblicato il 30 settembre, il tasso di riscaldamento degli oceani è quasi raddoppiato negli ultimi 20 anni.

Nel 2023, il 22% della superficie oceanica globale è stato colpito da almeno un'ondata di calore marino, con intensità che vanno da gravi a estreme. Questo fenomeno è solo una delle molteplici evidenze che indicano l'accelerazione del riscaldamento degli oceani, un processo in atto da decenni ma che ha visto un significativo aumento negli ultimi 20 anni. Dal 2005, infatti, il ritmo del riscaldamento oceanico è passato da 0,58 watt per metro quadrato (W/m²) a 1,05 W/m². Le misurazioni più recenti mostrano un trend positivo di 0,75 W/m² tra il 1993 e il 2022, indicando un allarmante aumento dell'energia termica intrappolata negli oceani per via della crisi climatica.

La Terra è fuori equilibrio energetico, poiché le emissioni di gas serra antropogeniche stanno intrappolando il calore in eccesso impedendone il rilascio al di fuori dell’atmosfera – si legge nello studio -. Ciò sta causando un accumulo di calore nel sistema climatico della Terra, la maggior parte del quale viene assorbito dall'oceano”. L'aumento delle temperature oceaniche influenza il clima globale e tutti gli aspetti del mondo marino: dallo stato della biodiversità alla composizione chimica, fino ai processi oceanografici fondamentali.

Meno ghiacciai e più ondate di calore marine

Il riscaldamento delle acque ha un impatto devastante sulle regioni polari, basti pensare che nel 2023 si è verificato un nuovo minimo storico per l’estensione del ghiacciomarino nelle aree artiche e antartiche. L'Artico sta perdendo volume al ritmo del 4% di ghiaccio ogni decennio, dal 1979 a oggi. Lo scorso anno l'Antartide ha invece registrato una riduzione record di 1,9 milioni di km² rispetto alla media del periodo 1993-2010. La portata di questa perdita è impressionante: si tratta di un'area pari a tre volte la dimensione della Francia.

Ma le ondate di calore marine stanno diventando un fenomeno sempre più comune e distruttivo anche nelle regioni temperate. Nell'agosto 2022, per esempio, le isole Baleari della Spagna hanno registrato una temperatura record delle acque costiere di 29,2°C, la più alta degli ultimi 40 anni. Nello stesso anno, nel Mar Mediterraneo, una ondata di calore si è estesa fino a 1.500 metri di profondità, dimostrando come il calore possa propagarsi anche parecchio al di sotto della superficie, mettendo così a rischio il buono stato degli ecosistemi marini profondi. Un fenomeno che potrebbe avere negative ripercussioni economiche su settori come la pesca e il turismo.

Un aiuto arriva dalla tecnologia

Il riscaldamento degli oceani rappresenta una delle maggiori sfide ambientali dei nostri tempi. Dalle ondate di calore marine alle perdite record di ghiaccio polare, gli effetti della crisi climatica sugli ecosistemi oceanici sono ormai innegabili. Tuttavia, lo studio del Copernicus ricorda che attraverso l'adozione di nuove tecnologie e di ambiziose politiche ambientali globali, c'è ancora speranza per mitigare questi impatti e proteggere i nostri oceani per le future generazioni.

Diverse tecnologie stanno infatti emergendo per monitorare e mitigare gli effetti del riscaldamento globale sugli oceani. Nel Mar Baltico, un lavoro di ricerca ha mostrato come il calore accumulato nell'acqua di mare possa essere utilizzato per alimentare impianti di energia rinnovabile, offrendo soluzioni innovative per la transizione energetica. Inoltre, lo sviluppo di strumenti avanzati per analizzare gli eventi ondosi estremi potrebbe migliorare la progettazione delle infrastrutture costiere, rendendole più resilienti agli impatti della crisi climatica.

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Fonte copertina: remains, da 123rf.com

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