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L’allarme del Wwf: “la natura continua a scomparire a un ritmo senza precedenti”

Redazione Ansa

Negli ultimi 50 anni la dimensione media delle popolazioni di animali selvatici monitorati si è ridotta del 73%. È il dato principale che emerge dal Report “Living planet index pubblicato dal Wwf. Basato su 35 mila tendenze demografiche e 5.495 specie di anfibi, uccelli, pesci, mammiferi e rettili, il Rapporto evidenzia come tra le varie popolazioni, quelle di acqua dolce hanno subito i cali più pesanti, scendendo dell'85%, seguite dalle popolazioni terrestri (69%) e marine (56%). Quando una popolazione scende al di sotto di un certo livello, evidenzia il Report, quella specie potrebbe non essere in grado di svolgere il suo ruolo all'interno dell'ecosistema, diminuendo la sua resilienza e minacciando il funzionamento dell'ecosistema stesso.

Questo a sua volta mina i benefici che gli ecosistemi forniscono alle persone, dal cibo, all'acqua pulita, allo stoccaggio del carbonio e a tutti i servizi offerti dalla natura al nostro benessere culturale, sociale e spirituale.

Tipping point pericolosi

L’Index evidenzia come la natura stia scomparendo a un ritmo allarmante. Anche se alcuni cambiamenti possano essere di piccola portata, il loro impatto cumulativo può innescare un cambiamento più ampio. Quando gli impatti cumulativi raggiungono una certa soglia, il cambiamento si autoalimenta, determinando una transizione spesso brusca e potenzialmente irreversibile. In questo caso si dice che il sistema ha raggiunto il “tipping point” o punto critico di non ritorno. Nel mondo naturale, con le attuali tendenze, è probabile che si verificheranno diversi tipping point. Per esempio, nella biosfera, l’estinzione di massa delle barriere coralline distruggerebbe la pesca e la protezione dalle tempeste per milioni di persone che vivono sulle coste.

In Amazzonia, la deforestazione e il cambiamento climatico stanno portando a una riduzione delle precipitazioni e un decadimento delle condizioni ecologiche, una condizione inadatta per la foresta pluviale tropicale, con conseguenze devastanti per le persone, la biodiversità e il clima globale. Nella criosfera, la fusione delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide occidentale comporterebbe un importante innalzamento del livello del mare, mentre la fusione su larga scala del permafrost causerebbe il rilascio di ingenti quantità di anidride carbonica e metano.

Parola d’ordine: trasformazione

Per mantenere la Terra “viva”, cioè un Pianeta in cui le persone e la natura prosperino, il Wwf avverte che è necessario mettere in atto azioni adeguate alla portata della sfida. Questo richiederà una trasformazione dei nostri sistemi alimentari, energetici e finanziari.

Trasformare il sistema alimentare

L’attuale sistema alimentare è illogico: la produzione alimentare è uno dei principali motori del declino della natura. Utilizza il 40% della superficie terrestre libera da ghiacci, è la principale causa di perdita di biodiversità, è responsabile del 70% del consumo di acqua dolce e di oltreun quarto delle emissioni di gas serra. Sta distruggendo la biodiversità, esaurendo le risorse idriche mondiali e cambiando il clima, e oggi non garantisce il diritto al cibo a tutta la popolazione mondiale. Ogni notte circa 735 milioni di persone vanno a letto affamate. Occorre sostenere un sistema che produca cibo sufficiente per tutti rafforzando la natura, aumentandone la biodiversità e migliorando in maniera sostenibile le rese dei raccolti, la zootecnia, la pesca e l’acquacoltura. È necessario garantire che tutti nel mondo abbiano una dieta nutriente e sana attraverso il cambiamento delle scelte alimentari individuali, come per esempio il consumo di una maggiore percentuale di alimenti di origine vegetale e una forte riduzione di quelli di origine animale nella maggior parte dei Paesi ricchi. In ultimo, serve ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, oggi responsabili delle emissione del 4,4% dei gas serra globali, aumentare il sostegno finanziario e promuovere la buona governance per i sistemi alimentari sostenibili, resilienti e rispettosi della natura.

Trasformare il sistema energetico

Nonostante nell’ultimo decennio la capacità globale di energia rinnovabile è quasi raddoppiata, il ritmo e la portata non sono ancora vicini agli obiettivi che dovremmo conseguire. La transizione energetica deve essere rapida, verde ed equa, mettendo al centro le persone e la natura. Nei prossimi cinque anni, dobbiamo triplicare l’energia rinnovabile, raddoppiare l’efficienza energetica, elettrificare il 20-40% dei veicoli leggeri e modernizzare le reti energetiche. Ciò imporrà di triplicare gli investimenti, da una stima di 1500 miliardi di dollari nel 2022 a almeno 4500 miliardi di dollari all’anno entro il 2030. È necessaria un’attenta pianificazione per selezionare le energie rinnovabili più adeguate nei posti giusti, evitare gli impatti negativi e razionalizzare lo sviluppo energetico senza penalizzare la conservazione della natura. Senza un’attenta pianificazione e salvaguardia ambientale, lo sviluppo dell’energia idroelettrica aumenterà la frammentazione dei fiumi, lo sviluppo della bioenergia potrebbe portare a cambiamenti significativi nell’uso del territorio, le linee di trasmissione e l’estrazione di minerali critici potrebbero avere un impatto sugli ecosistemi sensibili terrestri, marini e delle acque dolci. Più di 770 milioni di persone non hanno ancora accesso all’elettricità e quasi 3 miliardi di persone per cucinare bruciano cherosene, carbone, legno o altre biomasse. La mancanza di accesso alle moderne soluzioni di energia rinnovabile contribuisce in modo significativo alla povertà, alla deforestazione e all’inquinamento dell’aria negli ambienti interni, una delle principali cause di mortalità in giovane età, che colpisce in modo preponderante donne e bambini. Una transizione energetica giusta dovrà garantire che le persone abbiano accesso a fonti di energia moderne e sicure, e che i benefici e gli oneri siano equamente condivisi.

Trasformare il sistema finanziario

A livello globale, più della metà del Pil dipende in misura moderata o elevata dalla natura e dai suoi servizi. Eppure, il nostro attuale sistema economico attribuisce alla natura un valore prossimo allo zero, determinando uno sfruttamento insostenibile delle risorse naturali, il degrado ambientale e il cambiamento climatico. Il denaro continua a riversarsi in attività che alimentano la crisi della biodiversità e del clima: si stima che i pagamenti diretti, gli incentivi fiscali e i sussidi che aggravano il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi, ammontino a quasi 7 mila miliardi di dollari all’anno. In confronto, i flussi finanziari indirizzati verso le Nature-based solutions, ammontano ad appena 200 miliardi di dollari. Reindirizzando solo il 7,7% dei flussi finanziari dannosi, potremmo colmare il deficit di finanziamento per le Nature based solutions e apportare benefici alla natura, al clima e al benessere umano. Colmare queste lacune, facendo sì che i finanziamenti siano reindirizzati nella giusta direzione, richiede un cambiamento epocale a livello globale, nazionale e locale. Possiamo farlo, conclude il Rapporto, in due modi: attraverso nuove soluzioni di finanza verde che coinvolgano il settore pubblico e privato, come fondi incentrati sulla conservazione, obbligazioni, prestiti e prodotti assicurativi; o con investimenti a lungo termine nelle imprese che rispettano la natura, rendendo la finanza più ecologica attraverso l’allineamento dei sistemi finanziari per raggiungere gli obiettivi legati alla natura, al clima e allo sviluppo sostenibile.

di Tommaso Tautonico

 

Fonte copertina: janroz, da 123rf.com

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