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La povertà assoluta in Italia non si riduce: servono misure ampie e strutturali

Redazione Ansa

La povertà in tutte le sue forme e dimensioni, inclusa la povertà estrema, rimane la più grande sfida globale e la sua eliminazione è un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile”. È quanto si legge nel Patto sul futuro, firmato a settembre da 143 Paesi dell’Onu per ribadire l’impegno comune sulle grandi sfide che ci attendono. Infatti, per la prima volta da decenni, il numero di persone in estrema povertà nel mondo è aumentato, in particolare a causa della pandemia e della riduzione di investimenti nei servizi essenziali. Nonostante il recupero post-pandemia, seguendo le tendenze attuali, nel 2030 590 milioni di persone (il 6,9% della popolazione mondiale) saranno ancora in condizioni di povertà estrema.

Anche l’Italia ha ribadito con il Patto sul futuro il suo impegno a raggiungere l’Obiettivo 1 “Sconfiggere la povertàdell’Agenda 2030. Tuttavia, come evidenziato dal Rapporto ASviS 2024, il nostro Paese non si sta muovendo nella giusta direzione. In particolare, gli attuali strumenti di contrasto alla povertà, ovvero l’Assegno di inclusione (Adi) e il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), introdotti a gennaio 2024 con l’abolizione del Reddito di cittadinanza, lasciano scoperte ampie fasce della popolazione in condizioni di povertà assoluta: come rilevato dall’Inps, l’Adi ha raggiunto il target stabilito dal Governo, ma copre solo la metà dei beneficiari del Reddito di cittadinanza del 2023, mentre grazie all’Sfl solo un quinto delle persone in grado di lavorare ha usufruito della misura, una quota ben inferiore a quella inizialmente prevista.

Così, come emerge dal quadro ritratto dal Rapporto ASviS sul Goal 1 e come rilevato anche dai dati Istat rilasciati il 17 ottobre (si veda questo editoriale sulla povertà), nonostante l’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023 (+2,1% degli occupati in un anno), la povertà assoluta non si sta riducendo nel nostro Paese e colpisce 5,7 milioni di persone. L’incidenza della povertà assoluta individuale risulta maggiore, ma in diminuzione, nel Mezzogiorno (12%, rispetto al 13,3% del 2022), mentre è più contenuta, ma in aumento, nel Nord-ovest (9,1% dall’8,2% del 2022).

Da considerare inoltre che nel 2023, in Italia, circa 13,4 milioni di persone si trovavano a rischio di povertà o esclusione sociale, corrispondenti al 22,8% della popolazione (con una diminuzione di 1,6 punti percentuali rispetto al 2022). Anche in questo caso, è forte l’eterogeneità territoriale, con un’incidenza che varia dal 12,4% nelle Regioni del Nord, al 39% nel Mezzogiorno.

L’allarmante quadro nazionale si riflette anche nelle preoccupazioni della cittadinanza, come viene riportato dal Rapporto dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza realizzato da Demos & Pi e Fondazione Unipolis “Il tempo della paura fluida”. Il sondaggio evidenzia che la principale fonte di incertezza delle italiane e degli italiani è di “non avere abbastanza soldi per vivere” (30%), preoccupazione che ha tolto il primato alla paura di “non avere o perdere la pensione” (25%).

Tuttavia, come evidenziato dal Rapporto ASviS, nel Piano strutturale di bilancio di medio termine, approvato il 27 settembre dal Consiglio dei ministri, non si fa riferimento a una eventuale modifica dell’Assegno di inclusione per ampliarne la copertura, né si trovano indicazioni per affrontare in modo strutturale il fenomeno della povertà lavorativa.

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di Milos Skakal

 

Fonte copertina: Giulia Gorga (2024)

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