Il Goal 2 “Sconfiggere la fame” è un Obiettivo dell’Agenda 2030 che contiene al suo interno sfide diverse ma interconnesse tra loro, come l’agricoltura sostenibile, l’alimentazione sana, il lavoro regolare. Per quanto riguarda l’Italia, come emerge dal Rapporto ASviS 2024, questo Goal rientra tra i sei con miglioramenti molto contenuti, con alcuni settori che vanno meglio e altri che faticano.
Prima di passare all’analisi dell’Italia però è importante sottolineare un dato allarmante sul piano globale: secondo l’Onu, la fame nel mondo persiste a livelli ancora inaccettabili, con 733 milioni di persone (una su undici) che soffrono la fame e 2,33 miliardi di persone (383 milioni in più rispetto al 2019) che si trovano in condizioni d’insicurezza alimentare moderata o acuta. Un dato che pesa molto sulle speranze per un futuro più equo.
I miglioramenti del nostro Paese sul Goal 2, tra il 2010 e il 2023, sono abbastanza moderati: il fattore trainante è l’aumento della quota di Superficie agricola utilizzata (Sau) per le coltivazioni biologiche, mentre sul fronte opposto si registra una diminuzione delle persone che seguono un’alimentazione adeguata e sana.
La quota di Sau, sottolinea il Rapporto, va così bene che potremmo centrare l’obiettivo stabilito per il 2030 (25% di Sau investita da coltivazioni biologiche). Mentre ci sono cattive notizie per l’utilizzo di fertilizzanti nell’agricoltura non biologica, che dovremmo ridurre entro il 2030 del 20% rispetto ai livelli del 2019: con il passo attuale l’Italia non sarà in grado di raggiungere l’Obiettivo.
L’ultimo Target preso in considerazione dall’Alleanza riguarda l’uso di pesticidi, che deve essere ridotto entro il 2030 del 50% rispetto ai livelli del triennio 2015-2017. I prodotti fitosanitari stanno in effetti diminuendo, e l’andamento fa ben sperare, ma molto dipenderà dalle politiche e dai comportamenti aziendali dei prossimi anni.
Le disuguaglianze territoriali sono stabili (dopo il picco raggiunto nel 2015, poi calato). È inoltre positivo il fatto che tutte le regioni presentano valori vicini alla media nazionale, dimostrando una certa omogeneità.
Andando più nel merito, il Rapporto ASviS pone l’accento sull’impatto sempre maggiore che la sfida del cambiamento climatico ha sull’accesso al cibo e sulla produttività agricola.
Facciamo qualche esempio. La cosiddetta climateflation (inflazione climatica) sta pesando sul potere d’acquisto delle famiglie: l’olio extra vergine di oliva è aumentato, tra febbraio 2019 e febbraio 2024, dell’81,1%, la pasta secca del 35,6%, senza portare a un aumento dei profitti dei produttori diretti, che sono anzi diminuiti del 10%. Questo fenomeno non si esaurirà in futuro, anzi: secondo la Banca centrale europea l’inflazione climatica aumenterà in una misura compresa tra 0,92 e 3,23 punti percentuali l’anno.
Anche l’inclusività nel settore non sta andando nel verso giusto: secondo l’Istat solo il31,5% dei capi di azienda agricoli italiani sono donne. E sempre l’Istat ci dice che negli ultimi 10 anni c’è stato un calo del 20% circa delle aziende agricole guidate dagli under 35 (una delle quote più basse d’Europa).
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di Flavio Natale
Fonte copertina: Giulia Gorga (2024)