Spenti i riflettori sui quattro ASviS live dedicati alle dimensioni dello sviluppo sostenibile (istituzionale, economica, sociale e ambientale), seguiti da quasi 300mila persone, è il momento di tirare le somme e valorizzare i molti spunti di riflessione. Sono stati giorni di dibattito franco e costruttivo, in cui l’Alleanza ha presentato le proposte del Rapporto “Coltivare ora il nostro futuro” e ha facilitato il dialogo tra stakeholder e politica. Un impegno che proseguirà con l’evento di presentazione del Rapporto Territori, in programma venerdì 13 ottobre a Roma presso la sede del Cnel. Visione, confronto, accelerazione sono i tre concetti ricorrenti che forse più di altri hanno caratterizzato gli incontri.
Che l’Italia sia indietro nel raggiungimento dell’Agenda 2030 lo dicono i numeri. Occorre un cambio di marcia, attraverso coerenza delle politiche e lungimiranza. Come ha ricordato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, con il Patto sul futuro sottoscritto alle Nazioni Unite a settembre “l’Italia si è impegnata a pianificare il futuro con un orizzonte di lungo termine”. Tuttavia, questo impegno deve tradursi in azioni concrete. La Legge di Bilancio in discussione, per esempio, secondo l’analisi condotta dall’ASviS, non sembra affrontare in modo efficace questioni come le disuguaglianze, la riduzione delle emissioni, la lotta alla povertà e l’abbandono scolastico.
Una programmazione lungimirante richiede anche un diverso modo di fare le leggi, come un sistema serio di valutazione ex ante delle politiche alla luce degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs). L’ASviS chiedeva che fosse rafforzata nel nuovo ciclo di bilancio. Interpellato sul punto, il sottosegretario all’Economia e alle finanze Federico Freni ha dichiarato che “la valutazione d’impatto è essenziale, ma in passato i risultati sono stati pessimi”, assicurando però che il Piano strutturale di bilancio di medio termine andrà in questa direzione.
Recentemente l’Ufficio parlamentare di bilancio ha evidenziato che l’Italia continua a essere in ritardo nell’utilizzo dei fondi europei del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ma cosa accadrà dopo il 2026, anno in cui finiranno gli investimenti del Piano? La palla è in mano alla politica: occorre affrontare il tema fin da ora, connettendo in modo più efficace gli interventi. Qualche esempio? Serve intensificare le misure contro la povertà, come gli investimenti nei servizi per l’infanzia a supporto dell’occupazione femminile, e aumentare le risorse su formazione e nuove competenze, indispensabili per intercettare i green jobs. Valentino Valentini, viceministro delle Imprese e del made in Italy, ha riconosciuto che, con la fine del Pnrr, alcuni obiettivi raggiunti potrebbero andare persi, facendo l’esempio delle misure su Industria 4.0 e 5.0.
D’altra parte, i grandi cambiamenti tecnologici avranno impatti significativi sul mondo del lavoro: è fondamentale prepararsi in anticipo, per non farsi trovare impreparati. I contratti dovranno diventare più flessibili in linea con le nuove tecnologie e i modelli di lavoro emergenti. Le aziende, da parte loro, dovranno investire sull’aggiornamento delle competenze. Un esempio è la 5G Academy di Tim, un percorso gratuito per l’alta specializzazione tecnologica post-diploma, che forma esperte ed esperti nell’analisi dei big data, nell’intelligenza artificiale e nell’Internet of things.
Ma è anche prioritario insistere nel far applicare le normative esistenti per ridurre morti, infortuni e malattie legate al lavoro, nei giorni in cui l’ennesima strage sul lavoro, a Calenzano, ha suscitato dolore e rabbia.
La seconda parola chiave emersa dagli incontri è confronto. Sindacati e organizzazioni hanno chiesto alla politica di essere più coinvolte nella programmazione dei prossimi anni, oltre a una maggiore trasparenza. Ad esempio, è stato sottolineato come il Patto di stabilità non contenga un calcolo degli investimenti necessari alla transizione climatica, mentre per la difesa sì. Inoltre, è stata lamentata la mancanza di un metodo condiviso che metta le imprese in dialogo con le istituzioni centrali e territoriali. Un’idea interessante emersa è la creazione di una piattaforma di ascolto tra imprese e istituzioni. Da Confindustria ai sindacati, tutti hanno concordato sull’importanza di una transizione ecologica giusta, ma hanno sollecitato il governo a definire meglio le politiche industriali.
Infine, la terza parola è accelerazione. Per centrare gli obiettivi che il governo stesso si è dato nel 2023 con la Strategia nazionale di sviluppo sostenibile, è essenziale aumentare la velocità e gli sforzi. Un esempio è la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi: bene il taglio di due miliardi e mezzo, ma questi fondi non sono stati convertiti in sussidi favorevoli all’ambiente.
È tempo di trasformare le promesse in atti concreti, a partire dall’adozione del Piano di accelerazione dell’Agenda 2030, proseguendo per una legge nazionale sul clima (che favorisca le energie rinnovabili e la progressiva eliminazione dei combustibili fossili), per la territorializzazione degli SDGs e l’applicazione della Dichiarazione sulle future generazioni. Queste sono alcune delle richieste più urgenti, sollecitate dall’ASviS, da cui governo e Parlamento dovrebbero partire. Un segnale è arrivato dall’Intergruppo parlamentare sullo sviluppo sostenibile, che si è impegnato a discutere il Rapporto dell’Alleanza in una delle prossime riunioni. L’ASviS, che continuerà a sollecitare le istituzioni nella direzione della sostenibilità, si è dotata di unComitato scientifico costituito da personalità di elevata competenza e prestigio, per dare ulteriore impulso strategico alle attività dell’Alleanza. I nomi dei componenti del Comitato scientifico sono stati annunciati questa mattina durante la Conferenza degli Aderenti, in cui è stata anche comunicata la trasformazione dell’ASviS in Ente del terzo settore (Ets).
C’è poi un altro aspetto dirimente, ovvero il Regolamento europeo sul ripristino della natura: una grande opportunità in un Paese che ha uno dei territori più impermeabilizzati d’Europa e consuma ogni giorno oltre 21 ettari di suolo, come ci dice il nuovo RapportoIspra-Snpa sul consumo di suolo. Solo nel 2023 abbiamo perso suolo vergine pari a un’area grande complessivamente quanto Firenze, Torino e Bologna. Anche perché, come sottolineato dall’Ispra durante uno dei quattro eventi, “ripristinare la natura ha una più ampia lettura, che ha carattere ambientale ma anche economico e sociale”. Opportunità economiche che vengono anche dalla crescita della raccolta differenziata, che in Italia è già un punto di forza con tassi superiori al 60%, grazie anche all’impegno convinto delle imprese. C’è bisogno, dunque, di portare messaggi positivi e le persone, come ha sottolineato il presidente dell’Ispra Stefano La Porta, “vanno incoraggiate su determinati percorsi”.
Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, ha spiegato che il governo intende proseguire sulla strada della decarbonizzazione, puntando fortemente sulle rinnovabili “e sull’uso di tutte le tecnologie possibili”, implementando anche misure di adattamento. Il ministro ha confermato poi la chiusura di tutte le centrali a carbone nella parte continentale entro il 2025, tranne che gli impianti in Sardegna.
Intanto, il rapporto annuale del Censis ha fotografato un’Italia più ignorante, più povera, più fragile (il 58,1% dei giovani di 18-34 anni si sente tale) e con meno figli. Questa grande stagnazione, o la “continuità nella medietà” come la chiama il Censis, non è priva di insidie. La carenza di conoscenze di base, rilevata anche nel nuovo Rapporto Osce Piaac secondo cui un adulto su tre in Italia è analfabeta funzionale e capisce solo testi brevi, rende i cittadini più disorientati e vulnerabili. Scende la convinzione della democrazia e della partecipazione, e non sorprende che il tasso di astensione alle ultime elezioni europee abbia segnato un record negativo nella storia repubblicana. Le sfide sono grandi, ma rafforzare gli interventi di medio e lungo termine, come chiede con forza l’ASviS sin dalla sua nascita, è fondamentale per trasformare l’intero sistema Paese verso una maggiore resilienza e sostenibilità.
di Andrea De Tommasi
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