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Stefano Musso, CEO Primeur: “Data integration, motore dell'innovazione e della sostenibilità"

Redazione Ansa

Il mercato della Data Integration è in continua crescita: 12,22 miliardi di dollari nel 2022, 13,87 miliardi di dollari nel 2023. Punta ad arrivare a quasi 40 miliardi di dollari entro il 2031 (dati forniti dal Global Data Integration Market Size and Forecast to 2030). Stefano Musso, CEO di Primeur, smart data integration company che fornisce tecnologia e consulenza per semplificare la gestione dei dati, ci aiuta a capire e a conoscere meglio questo settore in forte ascesa.

A fronte di questo scenario e con la consapevolezza rispetto a dati di questo tipo, partiamo da una domanda semplice: cosa si intende per Data Integration?

“Esistono diverse metodologie utilizzate per automatizzare in maniera sicura lo scambio dei dati fra le diverse applicazioni di un sistema informativo aziendale. Le più note sono l’Application Integration e la Data Integration. Ci sono alcune piccole differenze fra queste metodologie ma sono fondamentali. Una di questa è il disaccoppiamento, che permette di integrare le applicazioni tra di loro attraverso i dati e non attraverso le interfacce delle applicazioni. Questa differenza fa sì che le applicazioni non vengono mai modificate e quando è il momento di cambiare una applicazione o farla evolvere risulta tutto molto più veloce e meno costoso (non devo riscrivere interfacce ad esempio).


A livello tecnologico si tratta di un potenziale innovativo da almeno due punti di vista. Il primo riguarda la possibilità di abilitare logiche di cambiamento costruttive, in relazione alla velocità con cui si evolvono le applicazioni disponibili ed alla volontà chiara del mercato di utilizzare sistemi sempre adeguati alle esigenze di business. Il secondo si lega invece, ai vantaggi in termini di efficacia delle operazioni di business, semplificazione dei processi di trasformazione e conseguente ottimizzazione anche dei costi. Il tutto si traduce senza ombra di dubbio, in importanti punti di riferimento in termini di sostenibilità economico aziendale.


Spesso non si collegano i concetti di azienda sostenibile e di innovazione tecnologica. In che modo gli investimenti in innovazione tecnologica come quella rappresentata dalla Data Integration si traducono in ROI (Return of Investment), quindi, in leva che contribuisce al miglioramento della sostenibilità aziendale?

“Quando si parla di integrazione, molto spesso ci capita di recepire dal mercato delle sfide che riguardano alcuni aspetti di complessità: la prima è quella del know how iper-specializzato o storicizzato e delle dipendenze indirette che può generare. Quando si ha la necessità di riscrivere l’interfaccia applicativa di un sistema, occorre una conoscenza specifica e verticale su quel sistema, che è ad alto valore aggiunto da una parte, ma è al tempo stesso limitante, nel momento in cui è necessario cambiare ed evolvere verso un nuovo applicativo. La seconda ha a che fare con l’aspetto specificatamente economico legato ad alcuni contesti di utilizzo di applicazioni in modalità SAAS, che hanno subito un incremento significativo dei costi di sottoscrizione. In una logica in cui un’applicazione è direttamente collegata ad un’altra (quindi ad esserlo non sono solo i dati), gli scenari di dismissione o di cambio, diventano complessi, molto costosi o rischiosi. La terza si collega in parte ai precedenti due punti e riguarda i rischi correlati all’End of Maintenance di determinati sistemi. In queste tre macro-sfide risiede un potenziale legato all’innovazione tecnologica rappresentato dalla Data Integration che consiste nel rendere individuabile una soluzione sostenibile a livello economico e di ritorno complessivo dell’investimento. Se a parlare fra loro sono i dati e non le applicazioni – spiega l’AD Primeur - si riduce il volume e il tipo di competenze necessario nell’integrazione, favorendo la riduzione del numero di progettualità iper-specializzate, quindi più costose. Allo stesso tempo, si annullano le dinamiche tecnologiche che impediscono, ritardano o rallentano il decision making in ottica di cost saving di fronte a subscription raddoppiate. Perché le relazioni attengono i dati e non le applicazioni. Il che, di conseguenza, risolve anche il potenziale rischio di gestione dell’End of Maintenance di asset core per il sistema azienda. Credo che la sostenibilità abbia concretamente a che fare con contesti di questo tipo”. 


Ritiene che esista una reale consapevolezza delle aziende circa l’importanza strategica che la Data Integration può avere? E se sì, quale o quali sono i settori più ricettivi in tal senso?
“Quello che abbiamo notato è che sul mercato ci sono sempre più aziende che vogliono adottare o avviare percorsi di trasformazione verso modelli Data-Driven. I sistemi informativi sono sempre più frammentati e specializzati su specifiche aree di business o esigenze operative: ognuno di essi genera dati e necessità di dati di altri sistemi per creare valore. Esiste pertanto, una fortissima esigenza di integrazione che nel corso del tempo consenta flessibilità nell’introduzione o sostituzione di nuove applicazioni, nel riuso di quanto già presente e soprattutto riduca il time to market nei processi aziendali. Un modello “Application Integration” riduce fortemente la possibilità di soddisfare le esigenze sopra elencate, a meno di costi e rischi importanti. Risposte e relativi benefici possono essere ottenuti con la Data Integration.

Probabilmente molte aziende non hanno ancora compreso l’importanza strategica che la Data Integration può avere. Il mercato finance (banche e imprese di assicurazione) risulta essere il più ricettivo per via delle sue evoluzioni verso modelli di forte trasformazione digitale. Elemento che mette maggiormente in risalto l’importanza del dato e la necessità di creare valore dall’integrazione tra applicazioni o domini di dati. Si pensi ad esempio all’introduzione di un CRM (Customer Relationship Management) di mercato nel sistema informativo di un’azienda e la sua integrazione con ERP (Enterprise Resource Planning) aziendale, DWH (Datawarehouse) e altro. Un’integrazione che permetta nel tempo e senza costi eccessivi di sostituire il CRM per vari motivi, rappresenta indubbiamente un punto di forza. Ed è anche in tal senso che stiamo registrando interessi e ricettività significative anche in altri ambiti quali telco, logistica e retail” aggiunge Musso.

“L’aspetto positivo di questo contesto di non completa consapevolezza, è che ogni volta che un nostro interlocutore comprende bene il concetto di Data Integration, riesce a comprenderne anche i vantaggi. Primo fra tutti quello legato al disaccoppiamento delle applicazioni, che è la chiave di volta per la comprensione di un approccio ad un modello sostenibile da più punti di vista, a partire da quello economico”

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