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Anbi, trovare i veleni nelle acque con le lucciole

Sistema elaborato dall'Università di Bologna

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 12 GIU - Utilizzare le proprietà delle lucciole per individuare contaminanti nelle acque: è questo il risultato della ricerca, sviluppata nel Dipartimento di Chimica "Giacomo Ciamician" dell'Università di Bologna, partner scientifico del Consorzio Canale Emiliano Romagnolo. Lo rende noto L'Anbi, l'associazione dei consorzi di bacino, in un comunicato.
    Le lucciole emettono luce per reazione chimica. Con il sistema inventato dall'ateno bolognese, si preleva il loro gene e lo si trasferisce in una cellula batterica oppure di lievito o di mammifero. Queste cellule possono essere riprogrammate, tramite biologia sintetica, illuminandosi con colori diversi in presenza di altrettanti inquinanti (Pfas, metalli pesanti, pesticidi, tossine, interferenti endocrini e altro).
    Le cellule oggetto della ricerca in corso sono Ogm (Organismi Geneticamente Modificati). Nel nostro Paese sono utilizzabili solo in laboratorio. Possono essere, però, sostituite nell'ambiente da batteri marini naturalmente bioluminescenti per l'analisi della tossicità, oppure possono essere riprodotte attraverso sistemi di trascrizione e traduzione in vitro per analisi sul campo, utilizzando supporti in carta a basso costo e sostenibili, interfacciabili con gli smartphone.
    "E' evidente l'importanza di tale ricerca per la salute pubblica - commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell'Anbi - soprattutto ora che all'ordine del giorno c'è l'utilizzo delle acque reflue in agricoltura. In Italia, un freno all'uso di tale risorsa è infatti l'incapacità della gran parte dei depuratori di intercettare le microplastiche, inquinanti in forte aumento e lesivi della salubrità alimentare: un sistema di alert, unitamente all'indispensabile certificazione di un ente terzo, aumenterebbe significativamente le garanzie per i consumatori".
    (ANSA).
   

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