PISA - Tra 7,2 e 5,3 milioni di anni fa, nell'intervallo di tempo che i geologi chiamano Messiniano, le specie marine del Mediterraneo furono decimate da un aumento vertiginoso di sale nelle acque del mare, con una perdita di biodiversità che riuscì a ricostituirsi solo nel corso di oltre un milione e mezzo di anni. Lo studio, pubblicato su Science, di un gruppo internazionale di geologi e paleontologi è stato in grado di quantificare tale perdita e il successivo recupero biotico.
In particolare poi, i due scienziati di Pisa, Giovanni Bianucci e Alberto Collareta, hanno analizzato le evidenze paleontologiche dei popolamenti a squali e mammiferi marini del Mediterraneo a cavallo del grande evento geologico. "Mentre il registro fossile, nel suo complesso, suggerisce un drastico impatto della Crisi di salinità sulle forme di vita nel Mediterraneo - spiega Collareta ,- i fossili di squali offrono informazioni diverse e complementari. Il rinnovamento faunistico che si osserva nel Pliocene inferiore riflette fenomeni evolutivi e turnover osservabili alla scala globale più che eventi relativi dalla portata regionale. In questo senso, il biota mediterraneo che rinacque fu dunque necessariamente altro rispetto a quello che aveva caratterizzato il bacino nel corso del Miocene". "Una dinamica simile si osserva anche nell'evoluzione della fauna a cetacei del Mediterraneo - osserva Bianucci -. Analogamente a quanto osservato per gli squali, la comparsa di forme moderne coincide con il declino di specie tipicamente mioceniche, come i grandi capodogli macropredatori.
Il fatto che anche questo turnover tra i cetacei abbia avuto una portata globale suggerisce che la coincidenza temporale degli eventi non sia casuale: un fenomeno regionale, ma comunque catastrofico, come la Crisi di Salinità Messiniana, potrebbe aver avuto ripercussioni su scala mondiale sugli ecosistemi marini".
Mediterraneo, come cambiò per la Crisi di salinità del Messiniano
Ricerca: 'Due terzi delle specie marine erano differenti'