(di Paola Del Vecchio) - MADRID - Rifugiati e migranti senza nome, inghiottiti dalle acque del Mediterraneo nel tentativo di arrivare alle coste d'Europa, recuperano una parvenza d'identità, di dignità e umanità, nel parco del Buen Retiro di Madrid. Accade grazie all'installazione 'Palimpsesto', realizzata nel Palacio de Cristal dall'artista colombiana Doris Salcedo su incarico del Museo Reina Sofia e del suo direttore Manuel Borja-Villel, e che resterà allestita fino al 1º aprile.
Sul suolo di pietra dell'installazione i nomi sembrano tracciati con le lacrime delle vittime, sulla sabbia trattata con nanotecnologia e una complessa rete di canaline occultate sotto la superficie, per cui l'acqua emerge in microsfere che, come il mercurio, ricompongono nomi e cognomi di persone reali, uomini e donne provenienti dall'Africa o dal Medio Oriente, scomparsi durante la traversata del Mediterraneo, in cerca di una vita migliore.
Rappresentando la violenza senza violenza, l'artista colombiana ricorda che ogni persona è una storia, con un nome e un cognome, una visione del mondo e della vita.
"Con le sue opere, Doris Salcedo tenta di ricostruire la storia incompiuta e frammentaria degli esseri umani che abitano la 'periferia' della vita. Dietro questo intervento c'è un grande lavoro di ricerca dei 'desaparecidos'", ha spiegato ai media il direttore del Reina Sofia, Borja-Villel.
Un minuzioso lavoro investigativo, concettuale e di esecuzione durato cinque anni, che ha riunito 30 professionisti fra documentaristi, ingegneri e chimici.
Non a caso, l'artista, cui il Museum of Contemporary Art di Chicago ha dedicato nel 2015 un'importante retrospettiva, che ha poi toccato altre città nordamericane, si definisce "una scultrice al servizio delle vittime". In questo caso, dei circa 3.000 morti nel Mediterraneo dall'inizio dell'anno, secondo il drammatico bilancio dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).
'Palimpsesto' è il palinsesto, il codice originario della memoria, per "l'assimilazione della perdita di anonimi e ignorati migranti e rifugiati, che nessuno piange", spiega la Salcedo, che definisce la sua opera una "poetica del lutto".
Quest'ultimo consiste "nell'elaborare la magnitudine dell'accaduto e riguarda le persone, i progetti di vita, i luoghi, le identità" (Pau Perez Sales, 'Salud mental en violencia politica y catastrofe'. Ed. Atopos).
Ma riguarda anche la comunità globale, perché "nella società europea anestetizzata e in preda alla pericolosa deriva di chiusura identitaria", solo attraverso 'la cura' del dolore - sembra suggerire l'autrice - si può restituire la dignità e l'umanità strappate.
Madrid ridà nome e dignità ai migranti inghiottiti dal mare
Grazie a opera artista colombiana Doris Salcedo al Buen Retiro