Rubriche

Allo Yeast Photo Festival si parla di Gaza, 'dove il cibo è un'arma'

L'intervento di Mohamed Somji, direttore di Gulf Photo Plus

Redazione Ansa

ROMA - Il cibo è da sempre un'arma, dai conflitti dimenticati dell'Africa a Gaza, dove il 96% delle persone vive nell'insicurezza alimentare e riesce in media a consumare un pasto ogni due giorni, frutto della strategia israeliana di utilizzare il conteggio delle calorie come base per determinare la quantità di cibo che può essere distribuito.

Il tema di come il cibo possa diventare uno strumento di controllo e potere è stato discusso a Yeast Photo Festival (Matino e Salento, fino al 3 novembre).

Ad affrontare il tema di Gaza è stato Mohamed Somji, direttore di Gulf Photo Plus e co-curatore BredaPhoto Festival, nel corso del talk Strategie di potere: il dominio delle risorse come arma di conflitto. Somjì ha spiegato che a Gaza, già dal 2007 "gli israeliani hanno usato il conteggio delle calorie come base per determinare la quantità di cibo permesso. Il 96% delle persone a Gaza, a giugno 2024, vive in condizioni di insicurezza alimentare. Questo tipo di limitazione porta a una debilitazione, a una morte lenta, che viene usata non solo per terrorizzare la popolazione, ma anche come un modo più efficiente per uccidere le persone rispetto all'uso diretto delle armi".

La terza edizione del festival - intitolata From Planet to Plate - presenta 15 progetti fotografici italiani e internazionali attraverso i quali i fotografi puntano l'obiettivo su sistemi di produzioni, filiere, consumi, abitudini, che stanno alterando sempre di più il complesso rapporto tra uomo e ambiente.

Tra i diversi progetti troviamo Holy Cow di Carolina Arantes, che racconta come viene prodotta la carne che mangiamo oggi nel mondo, e da chi. Una bistecca su quattro infatti proviene dal Brasile, e quindi l'industria dell'esportazione di carne è di grande impatto per l'ambiente e l'alimentazione.

Dalla carne al pesce, la cui filiera deve affrontare la sfida della sostenibilità ambientale e sociale. Un tema che è stato approfondito dalla biologa marina e divulgatrice scientifica Maria Sole Bianco: "Nella filiera alimentare - spiega - c'è ancora molto da fare sulla sostenibilità e sulla tracciabilità del pesce, così come anche rispetto alle implicazioni non solo legate alle distruzioni degli habitat marini, ma anche sociali ed economiche. Per esempio c'è un enorme sfruttamento delle persone soprattutto nel mondo dei grandi pescherecci e della pesca intensiva, dove troviamo un'incredibile violazione dei diritti umani. La tracciabilità aiuta risolvere non solo problemi ecologici, ma pure sociali ed economici". 

Leggi l'articolo completo su ANSA.it