(ANSAmed) - BARI - "La finanza e i capitali islamici sono pronti a portare fuori dalla crisi l'Europa" e in "particolare l'Italia", purché i Paesi seguano, nella "produzione, nella logistica e nella commercializzazione", gli standard Halal (in arabo "conforme", ndr), ovvero consoni ai precetti della Sharia, la legge che stabilisce cosa è lecito o proibito per un musulmano. È questo il messaggio del World Halal food council (Whfc), che si e' tenuto a Roma dal 26 al 30 marzo.
L'evento, organizzato dalla sezione italiana di Halal International Autority (Hia), l'unico organismo riconosciuto per la certificazione di qualità dei prodotti secondo gli standard islamici, ha radunato per la prima volta in Italia i rappresentanti dei 57 Stati islamici dell'Organization for Islamic Cooperation (Oic).
"Siamo disponibili - ha spiegato all'ANSA lo sceicco saudita Fahah Alared, membro del Comitato per l'islamizzazione delle banche - a investire in Italia che vogliamo diventi l'hub del mercato Halal nel Mediterraneo". Un mercato da "tremila miliardi l'anno, in crescita del 15% ogni anno, che raggiunge due miliardi di musulmani". Il passo più importante è stato già mosso nel corso del Whfc romano: "Abbiamo infatti siglato - annuncia il presidente di Hia, Sharif Lorenzini - un protocollo di intesa con l'Agenzia governativa della Malesia per lo sviluppo del mercato Halal, per la nascita dell'Hub Halal Italia". In questa maniera "la Malesia, cioè il più grande mercato Halal del mondo, metterà la sua esperienza a disposizione dell'Italia che diventerà il primo Halal hub in Europa, servendo i Paesi del Mediterraneo, il Sud-Est asiatico, i Balcani e ovviamente i Paesi europei". Tutto questo pone le basi su cui la "finanza islamica, che non prevede l'applicazione di tassi di interesse poiché sarebbe peccato capitale", potrà "investire attraverso la compartecipazione di capitali e l'acquisto di azioni societarie", intervenendo direttamente "anche nelle imprese che stanno fallendo".
I settori di interesse sono molteplici e spaziano dal cibo all'abbigliamento, dal turismo ai medicinali, dalla cosmesi alla cura del corpo. E tra le 270 aziende italiane che si sono già certificate Halal, sono molte quelle che hanno visto "crescere la propria produzione al punto da non poter più far fronte agli ordini che provengono dal Sud-Est asiatico, Malesia, Indonesia, Arabia Saudita". A queste imprese verrebbero incontro gli sceicchi "disposti ad aprire nuove sedi e assumere personale".
"Siamo pronti - ha detto lo sceicco Fayez Al Shahri - a investire anche in infrastrutture, ma l'Italia deve garantirci di riconoscere l'ufficialità del mercato Halal, prevedendo la certificazione obbligatoria delle imprese interessate".
(ANSAmed).
Islam: sceicchi, capitali in Italia se mercato diventa 'halal'
Da Whfc a Roma nasce intesa con Malesia per hub Mediterraneo-Ue