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Il grido di dolore di Noa: 'Non dimenticate gli ostaggi'

Netanyahu: 'Noi impegnati su piano Biden, ostacolo è Hamas'

Redazione Ansa

TEL AVIV - Noa Argamani ora è a casa, in Israele, ma non dimentica gli altri ostaggi ancora prigionieri di Hamas a Gaza. E tra questi, il compagno Avinatan Or, rapito come lei al festival di Nova il 7 ottobre dello scorso. Argamani - insieme ad altri 3 compagni di prigionia - è stata liberata lo scorso 8 giugno in un'operazione dell'Idf nel campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia.

Nel suo primo video messaggio pubblico - durante le consuete manifestazioni del sabato sera a Tel Aviv - l'appello per gli altri rapiti è stato il più forte. "Anche se adesso sono a casa - ha detto con voce ferma e accorata dopo 246 giorni in cattività - non possiamo dimenticarci degli ostaggi che sono ancora prigionieri di Hamas, e dobbiamo fare tutto il possibile per riportarli a casa. Anche loro aspettano il lieto fine". E non si possono dimenticare le immagini di questa giovane ragazza - la cui madre è malata terminale di cancro - stretta su una moto tra due terroristi, piangente e terrorizzata, mentre era portata a forza a Gaza.

Argamani non ha chiesto al governo di Benyamin Netanyahu un accordo ad ogni costo con Hamas per il rilascio degli ostaggi.

La famiglia del suo compagno fa parte infatti del 'Tikvah Forum' un gruppo di parenti di rapiti che non hanno aderito alle richieste di un accordo di cessate il fuoco sostenute invece dal 'Forum delle famiglie', promotore della manifestazione. Questa differenza la dice lunga sul dramma - non solo umano ma anche politico - che Israele sta vivendo sui propri ostaggi. Chi cerca una intesa ad ogni prezzo con la fazione islamica in cambio della libertà dei rapiti e chi, al contrario, non è disposto a pagarlo perché vuole liberarsi di Hamas e anche in rispetto dei soldati caduti in guerra. Una linea, quest'ultima, che il premier Netanyahu non intende abbandonare. "Non c'è alcun cambio nella posizione di Israele rispetto al progetto accolto con favore dal presidente Biden. E oggi - ha detto nella riunione di governo a Gerusalemme - tutti sanno una semplice verità: Hamas è l'unico ostacolo alla liberazione dei nostri rapiti". "Con una combinazione di pressione politica e pressione militare, e soprattutto pressione militare - ha aggiunto - li restituiremo tutti, tutti i 120 nostri rapiti, vivi e morti".

Il premier ha quindi ribadito che Israele non "fermerà la guerra finché non avrà raggiunto tutti i suoi obiettivi", compresa la sconfitta di Hamas. E che la situazione dei negoziati - portati avanti da Usa, Egitto e Qatar - non sia buona ma congelata lo ha ribadito una fonte israeliana.

"L'obiettivo - ha spiegato - è incoraggiare Hamas e Israele a ritornare ai colloqui. Lo scopo non è chiudere l'intesa, ma riportare le due parti al tavolo". "Il piano presentato da Biden - ha aggiunto - è una bozza per l'intesa, ma va riempita di contenuti. La distanza tra i due attualmente non consente loro di risolvere i problemi". 

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