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I cristiani del sud Libano in fuga dalle bombe israeliane

Suor Maya: 'Dove sono i vescovi? Perché ci lasciano soli?'

Redazione Ansa

(di Lorenzo Trombetta)

ROMA - I messaggi audio sono brevi e interrotti. Ma giungono da uno degli ultimi villaggi cristiani, a ridosso del caldissimo fronte di guerra tra Hezbollah e Israele, in attesa di capire che forma avrà la tanto paventata invasione militare israeliana del sud del Libano. Suor Maya Beaino, direttrice del collegio cattolico-maronita delle Sorelle del Sacro Cuore di Ain Ebel, è impegnata stamani in una corsa contro il tempo: "Devo riuscire ad accompagnare fino a Beirut più di cento famiglie in fuga", afferma parlando con l'ANSA. Ci si muove di corsa, con un convoglio di auto dirette verso nord tra strade appositamente bombardate da Israele, altre sbarrate dalle macerie di edifici crollati a seguito dei raid, altre ancora interrotte dagli sparuti e impauriti soldati dell'esercito regolare libanese, da tempo ridotti a svolgere l'ingrato compito di vigili urbani nel cuore di una catastrofe.

"C'è tantissima paura - afferma Suor Maya - soprattutto dopo che una famiglia cristiana di Debel, villaggio vicino, è stata massacrata a seguito di un raid di Israele". Dallo scoppio del nuovo round di guerra tra Israele e Hezbollah un anno fa, i tre villaggi cristiani - Rmeish, Ain Ebel e Debel - del distretto di Bint Jbeil sono stati solo in parte risparmiati dagli incessanti scambi di fuoco tra le parti. La suora aveva raccontato ai media locali che già una settimana fa due missili israeliani erano esplosi vicino alle case, "causando panico tra gli abitanti, specialmente tra i bambini". Il capoluogo Bint Jbeil, a pochi chilometri dal convento di Suor Maya, è la roccaforte del Partito di Dio, in cui combattenti e rampe di lancio di razzi sono presenti un po' ovunque nella boscaglia a ridosso della linea di demarcazione e nei centri abitati delle località a maggioranza sciita. Nelle ultime settimane di inasprimento del conflitto, Suor Maya e altre sorelle avevano approntato un piano d'emergenza, riunendo il personale rimasto in un'unica stanza più riparata dai bombardamenti e allestita con un angolo di preghiera e un televisore per rimanere aggiornati della situazione sul terreno. Si trattava di sopravvivere con una crescente scarsità di cibo, benzina ed elettricità.

"Sono preoccupata per gli anziani e i malati che non possono muoversi", aveva detto la suora ai media locali. Poi la situazione è precipitata. E da 48 ore si registrano brevi e limitate incursioni di terra israeliane a pochi chilometri da Ain Ebel, nelle zone di Metulla e Adaisse. Da qui la decisione di partire, tutti o quasi per Beirut. Il paese di circa un migliaio di abitanti ora è pressoché deserto. E tornano in mente i fantasmi del 2006, quando l'allora guerra di un mese tra Hezbollah e Israele distrusse una trentina di abitazioni ad Ain Ebel. "Ieri un convoglio di 110 auto, con famiglie provenienti da tutti e tre i villaggi cristiani di Ain Ebel, Rmeish e Debel, è partito verso la capitale". Ma oggi, afferma la suora, "è ancora peggio. La situazione è molto pericolosa e degenera di minuto in minuto". Per questo Suor Maya e altri del posto hanno organizzato un nuovo convoglio di autovetture per un viaggio molto rischioso, che fa crescere la rabbia di essere stati lasciati soli: "Dove è il patriarca (maronita)? E dove sono i vescovi?", aveva scritto qualche giorno fa Suor Maya.

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