(ANSA) - VIBO VALENTIA, 02 LUG - Ergastolo per entrambi gli
imputati. Questa la richiesta avanzata alla Corte d'assise dalla
pm della Dda di Catanzaro Veronica Calcagno al termine della sua
requisitoria nel processo per l'omicidio di Filippo Piccione,
avvenuto il 21 febbraio del 1993 in pieno centro a Vibo
Valentia.
Un intervento, quello della pm, durato circa due ore nel
corso del quale sono state ricostruite le fasi investigative
della vicenda sulla scorta dell'indagine condotta dai
carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo del Comando
provinciale di Vibo Valentia, nata da uno stralcio del
procedimento Rinascita-Scott.
Piccione, professionista noto in città, fu ucciso nei pressi
della centrale piazza Municipio il giorno di carnevale da due
persone col volto travisato da una maschera. Secondo l'accusa,
l'omicidio sarebbe stato deciso dai vertici della cosca Lo
Bianco, attiva nella città di Vibo Valentia, che vollero
vendicare la morte del loro congiunto Leoluca Lo Bianco, ucciso,
nelle campagne di Vibo Valentia, l'1 febbraio 1992. Dalle
investigazioni era emerso che i colpi di fucile che causarono la
morte di quest'ultimo erano stati esplosi dall'interno di una
proprietà di Piccione. Tale circostanza, secondo gli inquirenti,
avrebbe ingenerato all'interno della cosca Lo Bianco, il
sospetto di un coinvolgimento dell'imprenditore vibonese.
Un'ipotesi ricostruita anche attraverso l'esame delle
dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Un'indagine
che i carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo e del Ros di
Catanzaro, coordinati dalla Dda del capoluogo di regione, hanno
ripreso attingendo non solo ai collaboratori di giustizia ma
effettuando riscontri sulle numerose informazioni testimoniali
raccolte in quel periodo e negli ultimi due anni,
rianalizzandole attentamente, riuscendo così a far emergere
discrasie che in un primo momento non erano state notate.
Piccione, prima di essere ucciso, aveva segnalato nel corso
del tempo, con tanto di denunce, agli investigatori una serie di
danneggiamenti che avrebbe imputato proprio alla persona che
l'anno prima della sua morte venne uccisa e la cui relativa
indagine, ad un certo punto, non approdando a nulla, era stata
archiviata per poi essere riaperta nel 2018. Nell'udienza
dell'ottobre 2023, il collaboratore di giustizia Andrea
Mantella, il quale, allora 21enne, era stato incaricato di
attentare alla vita del geologo, aveva parlato di quest'ultimo
come "vittima innocente di mafia" evidenziando che non era stato
lui ad uccidere Lo Bianco, eliminando in tal modo ogni sua
responsabilità nell'avviare la concatenazione di eventi che
avrebbero poi portato alla sua morte. (ANSA).
Chiesti due ergastoli per omicidio di 'ndrangheta del 1993
Vittima ritenuta falsamente coinvolta in un precedente delitto