I cinque amministratori di sette centri di diagnostica convenzionati con sede nelle province di Napoli e Caserta e un medico di base - secondo l'accusa dei Carabinieri - truffavano il Servizio Sanitario Nazionale, ottenendo rimborsi per Tac o Risonanze magnetiche mai effettuate. Questa mattina sono stati arrestati insieme a un impiegato amministrativo ASL. I militari della Compagnia di Bagnoli hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip di Napoli su richiesta della locale Procura.
I 7 arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla truffa al Servizio Sanitario Nazionale, di riciclaggio e di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale. Nel corso di indagini della Stazione Carabinieri di Posillipo coordinate dalla Procura partenopea, sono stati ricostruiti i tutti i passaggi di una truffa al Servizio Sanitario Nazionale finalizzata a ottenere rimborsi per costosissime prestazioni sanitarie (TAC o Risonanze Magnetiche) che gli indagati avevano fatto risultare effettuate in favore di pazienti del tutto ignari.
Ammonta a circa 150 mila euro il danno causato all'Erario, lo rende noto il procuratore aggiunto della Repubblica, Alfonso D'Avino. Sono sei al momento le persone ora ai domiciliari mentre la settima è ricercata. Le indagini sono partite nel settembre 2015 quando un medico di base denunciò che non era sua la firma sotto a una ricetta medica inoltrata per il pagamento da parte di uno dei centri diagnostici ora finiti al centro dell'inchiesta. Gli ulteriori accertamenti, spiega D'Avino, "hanno consentito di documentare una fiorente attività illecita e le sue modalità di svolgimento, riuscendo a ricostruire tutti i passaggi chiave della truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale". Snodo della vicenda l'appropriazione, da parte di un dipendente amministrativo dell'Asl Napoli 2 di Ischia di circa 4000 ricette mediche, denunziate come rubate ma in realtà attribuite informaticamente a medici ignari. Le ricette stesse, dopo l'appropriazione da parte del dipendente - secondo la ricostruzione fornita dal procuratore aggiunto - venivano poi immesse in un vero e proprio mercato illecito, destinato a consentire indebiti guadagni a strutture private convenzionate, con corrispondente grave danno economico per il Servizio sanitario nazionale. Le ricette venivano utilizzate per prescrivere, ma solo cartolarmente - a pazienti del tutto inconsapevoli, costosi esami diagnostici, esami il cui costo veniva poi ribaltato sul Servizio sanitario nazionale. In un caso è emerso il diretto coinvolgimento di un medico di base compiacente, che si sarebbe prestato a compilare quaranta ricette false nell'arco di un mese, tra maggio e giugno 2015. Negli altri casi, invece, non è emerso il coinvolgimento di medici, apparenti sottoscrittori delle ricette, che però sono risultate tutte false nel loro contenuto ed emesse ad esclusivo beneficio dei centri diagnostici.
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