Campania

Un coccodrillo nelle prigioni del Maschio Angioino

Opera di Vezzoli per il progetto 'Napoli contemporanea'

Redazione Ansa

(ANSA) - NAPOLI, 07 OTT - Rafforzare la vocazione al contemporaneo della città con iniziative pensate appositamente dai protagonisti dell'arte del nostro tempo e creare una relazione diretta con la cittadinanza invitando artisti di alto profilo a intervenire in piazze, strade, chiostri, quartieri contribuendo così ad alimentare un processo di riqualificazione urbana. In questo percorso si inserisce 'Lacrime di coccodrillo', installazione di Francesco Vezzoli, da oggi visibile in via permanente nelle prigioni del Maschio Angioino.
    "E' un'opera di un grande artista che si colloca perfettamente nel contesto e nella storia del castello - ha detto il sindaco, Gaetano Manfredi - Il coccodrillo fa parte dell'iconografia di questo luogo e della città. Inoltre l'installazione guarda al tema della difesa e della protezione dei valori archeologici della città e della loro storia". L'installazione rientra nel progetto del Comune 'Napoli contemporanea', curato da Vincenzo Trione, consigliere del sindaco per l'arte contemporanea e l'attività museale. "Quest'opera salda con efficacia il legame tra la storia della città e lo sguardo contemporaneo, rinvio a mitologie lontane e sensibilità postmoderna - ha spiegato Trione - e proprio a questi intrecci tra tempi diversi rimanda la scelta di contaminare in maniera misurata e rispettosa gli spazi del Maschio Angioino con una serie di inciampi visivi contemporanei: prima l'elmo di Mimmo Paladino e ora il coccodrillo famelico di Vezzoli". Un coccodrillo torna così 'ad abitare' i sotterranei del castello di Napoli: leggenda vuole che qui si nascondesse un coccodrillo portato dall'Egitto dalla regina Giovanna II e che fosse solito sbranare i prigionieri.
    "Il messaggio di quest'opera è il rispetto che si deve alla storia - ha spiegato l'artista - il coccodrillo vorrebbe sbranare nelle sue fauci una testa originale antica che proviene dagli scavi di Palmira, dove noi sappiamo che sono stati compiuti scempi da parte di persone che non avevano alcun rispetto della storia. Dunque mi sono sentito autorizzato ad usare una belva e un vero reperto storico per costruire una metafora visiva del rispetto che tutti dobbiamo avere verso l'archeologia". (ANSA).
   

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