(ANSA) - CASERTA, 08 OTT - Sostanzioso sconto di pena in
Appello per il poliziotto Oscar Vesevo, condannato a tre anni e
tre mesi di reclusione con l'accusa di aver rubato durante le
operazioni di cattura del capoclan dei Casalesi Michele Zagaria,
avvenute a Casapesenna (Caserta) il 7 dicembre 2011, una pen
drive che secondo la Dda di Napoli conteneva i segreti del boss,
e di averla rivenduta per 50mila ad un imprenditore vicino al
clan. Un'ipotesi quest'ultima mai accertata durante le indagini
né emersa durante il processo di primo grado, svoltosi al
tribunale di Napoli Nord ad Aversa, al termine del quale - era
il giugno 2023 - Vesevo, tuttora in servizio alla Questura di
Isernia, era stato condannato ad una pena complessiva di sei
anni e quattro mesi, essendo stato riconosciuto colpevole di
peculato (4 anni e sei mesi) e di due episodi di truffa (un anno
e otto mesi) in relazione alla vendita di un casa all'asta; il
tribunale aveva però escluso l'aggravante mafiosa, facendo
cadere il cuore dell'accusa, che voleva la chiavetta rubata e
rivenduta al clan.
Ad accusare Vesevo era stata Maria Rosaria Massa, padrona con
il marito Vincenzo Inquieto della casa dova Zagaria (entrambi i
coniugi sono stati condannati per favoreggiamento) fu stanato,
che aveva raccontato durante il processo che l'imputato aveva
preso la pen-drive, specificando però che il supporto era della
figlia e conteneva musica e documenti personali della ragazza,
non i segreti del capoclan. Già in un diverso processo inoltre,
l'imprenditore Orlando Fontana cui Vesevo, secondo la Dda,
avrebbe venduto il supporto rubato durante la cattura di
Zagaria, era stato assolto per tale episodio.
La Corte di Appello di Napoli ha dunque ridimensionato di
molto l'accusa anche per Vesevo, difeso da Giovanni Cantelli; i
giudici hanno infatti riqualificato il reato da peculato a furto
aggravato, dichiarando invece la prescrizione per il reato di
truffa. E lo stesso reato principale, il furto, è destinato a
prescriversi in pochi mesi, circostanza che dovrebbe emergere in
Corte di Cassazione nel caso probabile in cui venga presentato
ricorso. Vesevo ha sempre rigettato ogni accusa; nel corso del
processo di primo grado, nel febbraio dello scorso anno,
esaminato in aula aveva sostenuto di non aver "preso alcuna pen
drive dal covo di Michele Zagaria". "Durante le operazioni di
cattura - raccontò - sono stato tutto il tempo nel corridoio a
scavare per trovare il bunker. E senza di me il capo dei
Casalesi non sarebbe stato catturato"; e il suo legale Giovanni
Cantelli sottolineò come "in questo processo abbiamo assistito
ad un capovolgimento della realtà, con i servitori dello Stato
che hanno assunto il ruolo di accusati". (ANSA).
Pen drive Zagaria, sconto di pena in Appello per poliziotto
Accusa ridimensionata per Vesevo, reati quasi tutti prescritti