Campania

Libri:C.Castellano, canto dell'ebreo errante lezione di speranza

Sociologa napoletana, memoria decisiva per tutti i popoli

Redazione Ansa

(di Angelo Cerulo) (ANSA) - NAPOLI, 13 OTT - Si intitola 'La società fra memoria e speranza. Hatikvah. Per un Umanesimo possibile' il libro della sociologa e docente universitaria Clelia Castellano (Guerini Scientifica, pagine 120, 14 euro), uscito in concomitanza con il primo anniversario del 7 ottobre (prefazione del rettore del suor Orsola Benincasa, Lucio d'Alessandro). "Hatikvah" - spiega Castellano - significa, in ebraico, 'la speranza', ma è anche il titolo dell'inno nazionale ebraico, costruito attorno ad una melodia antica che è emozionante ascoltare, oggi, mentre c'è chi nega ad Israele il diritto di esistere sulle carte geografiche".
    "Il sottotitolo del mio libro, HaTikvah, non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza, un'istigazione pungolante come il tafano di socratica memoria a cercare la luce al di là delle cose" aggiunge la studiosa. docente al Suor Orsola Benincasa di Sociologia dell'Educazione. Questa parola ebraica allude, in un canto meraviglioso che oggi è l'inno nazionale, al ritorno alla terra promessa, dopo schiavitù e sofferenze, per vivere in pace.
    Il canto dell'ebreo errante è una lezione di speranza per tutti i popoli, accoglierlo non significa odiare i palestinesi, ma ricordare una verità semplice: ogni popolo, come ogni uomo, è in cerca di un orizzonte". Il libro pone l'attenzione, oltre che sulla questione palestinese, anche sulle vicende armene, curde, berbere.
    Il volume è dedicato dall'autrice "a tutti coloro che sono sulla via del ritorno", perché non vuole semplicemente essere un segno di speranza e una presa di posizione nei confronti dell'antisemitismo. È anche una celebrazione della memoria intesa come patrimonio dei popoli tutti, in una stagione di crisi dell'Occidente "nella quale il recupero della cultura della memoria può essere la risposta all'urgenza di un nichilismo esistenziale che sta privando le nuove generazioni di consapevolezza storica e civile, al di là di spettacolari protagonismi 'politici' sui social, talvolta frutto di pregiudizi e disinformazione".
    Nel dilagare dell'ideologia e della mercificazione di corpi e identità, la memoria, si rileva, "è in grado di ridare vigore alla meraviglia della differenza". Scrive l'autrice: "La contingenza storica degli avvenimenti recenti […] è stata il motore che ha avviato la riflessione, ma questa è stata sostenuta e temperata dalla volontà di cercare equilibrio e pace. Per lungo tempo si è rinfacciato al popolo ebraico l'ergersi a unico attore della sofferenza nella storia, come se il lavoro sul ricordo degli eventi della Shoah, la cui portata educativa è immensa, fosse colpevole di mettere in ombra altre storie di sofferenza: nulla di più ingiusto, sia perché l'unicità della Shoah come fenomeno storico è innegabile, sia per la vicinanza di una parte del mondo culturale ebraico, nonostante le posizioni della politica ufficiale, ad altre tragedie, come quella armena. Gli ebrei non hanno chiesto di essere deportati, torturati, odiati, dispersi: sulla loro pelle, hanno imparato la lezione della memoria e della resilienza, e queste sono lezioni di umanesimo alle quali tutte le culture debbono attingere".
    Il libro della Castellano è un auspicio a considerare la memoria come categoria umana foriera di pace e civiltà, quando il suo uso non è indiscriminato, rimettendo in gioco le categorie che il dilagare del pensiero unico relega ai margini della riflessione collettiva. "L'umile sforzo di questo piccolo libro, che, ripeto, vuole essere un punto di domanda e di partenza, è ribadire l'imprescindibile necessità della memoria per restare umani". "Mi lascia perplessa la tendenza a considerare sempre gli agguati dell'odio che si fa strada nella storia, dimenticando che anche l'amore percorre il mondo, come una forza invisibile, caparbia, spesso silente e non documentata, ma presente nelle traiettorie delle società e degli individui. Una forza che le violenze sembrano voler negare, ma che puntualmente si riaffaccia sull'orlo del baratro". (ANSA).
   

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