Campania

Elezioni vinte grazie al clan, arrestati sindaco e vice

Nel Napoletano, appalti per il boss che "controllava la coalizione"

Auto dei carabinieri

Redazione Ansa

Voti in cambio di appalti, per la metanizzazione e per la ristrutturazione e gestione dei servizi al cimitero: erano questi i termini dell'accordo stipulato nel 2020 da una parte della politica di Poggiomarino, in provincia di Napoli, e la camorra locale, guidata dal boss Rosario Giugliano.

Uno scambio elettorale politico-mafioso finito al centro di un'inchiesta dei carabinieri di Torre Annunziata e della Procura antimafia del procuratore Nicola Gratteri che ha portato all'arresto del sindaco Maurizio Falanga, del suo vice, Luigi Belcuore, e dell'imprenditore-faccendiere Franco Carillo, punto di contatto tra la politica e il boss.

A spiegare le trame di questa intesa è anche lo stesso Giugliano che nel giugno del 2023 è diventato collaboratore di giustizia. Interrogato il 4 ottobre 2023 si spinge ad affermare che aveva sotto controllo la coalizione di centro destra: "Una volta individuato il candidato sindaco della coalizione, nella figura di Maurizio Falanga - disse Giugliano - ed essendomi garantito l'appoggio di Carillo quale rappresentante dei moderati e di Luigi Belcuore quale esponente di Fratelli d'Italia, di fatto avevo il controllo della coalizione di centro destra e quindi della possibile amministrazione comunale".

Il sindaco Falanga, alla guida appunto di una coalizione di centrodestra, vinse le elezioni del 20 e 21 settembre 2020 al primo turno con il 57,93% dei voti contro il 42,07 del candidato di centrosinistra, il dem Giuseppe Annunziata.

Anche Belcuore, secondo i carabinieri e la Dda, venne eletto in quella tornata elettorale grazie al clan: ottenne la carica di vice sindaco con delega ai lavori pubblici e al cimitero, facendo anche confluire alcuni appalti alla ditta di famiglia.

Il boss Rosario Giugliano (qui solo indagato) avrebbe esercitato la sua influenza criminale per orientare le elezioni alla coalizione creata da Carillo, mettendo fuori gioco i candidati che potevano disperdere voti o compromettere il risultato concordato. "In campagna elettorale - racconta ancora il boss - mi sono speso in prima persona con imprenditori, cittadini e parenti per imporre il voto a favore di Maurizio Falanga... ci tengo a precisare che quando io mi muovevo a Poggiomarino, a sostegno di un certo candidato, era palese che quella persona era in mia rappresentanza e quindi non avevo bisogno di fare uso di minacce per ottenere il voto". "Di fronte alla ritrosia di altri candidati a fare un passo indietro - afferma ancora Giugliano - e di convergere su Maurizio Falanga, che io avevo individuato come candidato migliore, intervenni in prima persona...".

Agli atti dell'indagine figura pure una videotelefonata tra il sindaco e il boss che all'epoca era in carcere: a raccontare la vicenda è un altro collaboratore di giustizia, luogotenente del boss Rosario Giugliano.

È proprio lui a mettere in contatto il sindaco con il boss detenuto affinché quest'ultimo gli manifestasse le sue lamentele "in ordine al mancato mantenimento degli accordi pre-elettorali"

Leggi l'articolo completo su ANSA.it