(di Nando Piantadosi)
(ANSA) - NAPOLI, 12 NOV - "Renà non mi lasciare": sarebbero
state queste le ultime parole pronunciate da Arcangelo Correra,
18 anni, prima di perdere conoscenza, dopo essere stato colpito
alla testa da un proiettile calibro 9x21 esploso per errore dal
suo amico di sempre, il diciannovenne Renato Caiafa.
A raccontarlo, oggi, al gip di Napoli Iaculli, durante
l'udienza di convalida del provvedimento di fermo emesso nei
giorni scorsi nei suoi confronti, è stato lo stesso Caiafa, che
aveva tra le mani l'arma.
Sabato scorso, dopo l'omicidio avvenuto una manciata di ore
prima in una piazzetta nel cuore di Napoli, Caiafa si è
spontaneamente recato in Questura, un atto che, a parere del suo
legale, "testimonia chiaramente" l'assenza del pericolo di fuga.
Ma, sempre secondo l'avvocato De Gregorio, non sarebbero
sussistenti neppure agli altri due presupposti che giustificano
il carcere: per il legale non c'è infatti il rischio che
l'indagato possa inquinare le prove, nè che possa reiterare il
reato.
Finora Caiafa ha sempre sostenuto che la morte del suo
fraterno amico è stata un incidente: stava maneggiando una
pistola con il caricatore maggiorato, che neppure sapeva se
fosse vera o falsa, trovata poco prima sopra la ruota di una
macchina, quando, all'improvviso è partito il colpo mortale.
Le indagini della Polizia di Stato, scattate subito dopo le 5
di sabato scorso, quando Correra è giunto in fin di vita
all'ospedale Vecchio Pellegrini, continuano per fare piena luce
sulla vicenda. Gli accertamenti balistici al pari delle
testimonianze acquisite e riscontrate, avranno un ruolo
determinante per giungere alla verità. Gli investigatori,
infatti, vogliono accertare la reale provenienza della pistola e
come Caiafa ne sia effettivamente venuto in possesso, ma anche
chiarire un altro giallo legato al ritrovamento, sul luogo
dell'omicidio, in piazzetta Sedil Capuano, di un proiettile
inesploso di un calibro incompatibile con l'arma che ha sparato.
(ANSA).
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