Campania

'Masaniello' di A. Russo, percorso di un sogno senza lieto fine

Dal 22 novembre spettacolo a Il Pozzo e il Pendolo Teatro Napoli

Redazione Ansa

(ANSA) - NAPOLI, 18 NOV - Aveva ventisette anni, faceva il pescatore e vendeva pesce al mercato. In dieci giorni riuscì a regalare un sogno ai napoletani, un sogno bello da far paura, tanta paura che i suoi stessi concittadini decisero di distruggere il sogno e quel folle che aveva permesso loro di sognarlo. Questa, a riassumerla in poche righe, fu la rivoluzione di Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello, che rivivrà al Pozzo e il Pendolo Teatro di Napoli, venerdì prossimo, 22 novembre alle 21 (in replica sabato 23), nello spettacolo Masaniello, con la drammaturgia e la regia di Annamaria Russo. L'allestimento, sottolinea una nota, vedrà interpreti, in scena, Alessio Sica, Marianita Carfora, Alfredo Mundo, Gennaro Monti, Michele Costantino, Vincenzo D'Ambrosio, Lorenzo Neri, con le musiche e il progetto sonoro a cura di Gennaro Monti, le luci di Amedeo Carpentieri.
    Sette luglio 1647: il popolo napoletano, ridotto alla fame dalla pressione fiscale del viceregno spagnolo, scatenò una rivolta violentissima. A capeggiare l'insurrezione, un pescatore, Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello. La città lo nominò Generalissimo della popolazione e lo seguì con cieca fede per sette giorni, mettendo a ferro e fuoco la città, e costringendo i nobili e il viceré a riparare presso Castel Sant'Elmo, per sfuggire alla violenza dell'assalto. Sette giorni durò la rivoluzione dei "pezzenti", sette giorni leggendari durante i quali il governo si arrese alla forza del popolo, e accolse, senza condizioni, tutte le richieste del Generalissimo.
    Sette giorni durante i quali il popolo fu sovrano. Tra i vicoli, le strade, le piazze riecheggiava un solo grido: libertà. Sette giorni durante i quali l'impossibile diventò possibile. Poi, di colpo, tutto finì. Qualcuno tirò giù il sipario, e calò il buio, anche nella mente di Masaniello che, improvvisamente, impazzì.
    Tra i vicoli, il popolo non inneggiava più al suo comandante, ma, a bassa voce, ne decretò la morte. Il 14 luglio, alla vigilia della festa della Madonna del Carmine, Masaniello pronuncia il suo ultimo delirante discorso alla popolazione, e, poche ore dopo, la sua testa viene portata in pegno al Viceré.
    Conclude la nota: "Questa è la storia di Masaniello, ma questa è anche la storia di Napoli, che, nei secoli, si replica identica e immutabile. Una città che non perdona chi prova a sollevarla dal fango, rivelandosi, in realtà, una terra dal ventre molle, che fagocita sogni ed espelle abiezione". (ANSA).
   

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