Campania

Troppi giovani qualificati lasciano Napoli, l'allarme dell'Acen

Giù sipario sul secondo focus di 'Nea-polis, la Napoli che sarà'

Redazione Ansa

(ANSA) - NAPOLI, 26 NOV - "Vogliamo cercare di capire - nonostante le competenze diffuse e le eccellenze del territorio - perché non si arresti il flusso di giovani, anche qualificati, che lascia Napoli". Così il presidente dell'Acen, Angelo Lancellotti, ha aperto i lavori de "La città intelligente", il secondo focus di 'Nea-polis, la Napoli che sarà', progetto col quale l'Acen intende contribuire allo sviluppo economico e sociale della città. "Mettendo a sistema una serie di dati - ha proseguito Lancellotti - emerge un territorio fertile, con punte altissime nell'export di alta tecnologia, nell'agroalimentare e nell'automotive".
    "A 800 anni dalla nascita della "Federico II" Napoli detiene la leadership in molte aree del sapere, con circa 3.800 laureati l'anno negli atenei napoletani e circa 20.000 immatricolati l'anno (19.748 nel 2023). Proviamo - ha detto Francesco Izzo, docente federiciano e coordinatore del progetto Nea-polis - a esplorare le condizioni per rafforzare l'ecosistema dell'innovazione, consolidare le relazioni tra il mondo della ricerca e il sistema delle imprese, per attrarre nuovi investimenti e trattenere i giovani che desiderano restare a Napoli, offrendo loro opportunità coerenti con i percorsi compiuti".
    Bisogna "favorire il fenomeno dei 'cervelli di ritorno', assicurando a giovani ricercatori che rientrano dall'estero un ambiente più dinamico, in una città proiettata verso il futuro" spiega Gabriella Minchiotti, dirigente di ricerca dell'Istituto "Buzzati-Traverso" del Cnr. E per migliorare la relazione fra ricerca e imprese, servirebbe "ridurre gli ostacoli per le startup e le aziende che vogliono investire in innovazione e assicurare certezza nei tempi dell'erogazione di fondi nazionali e regionali".
    Gabriella Colucci, ricercatrice e ceo di Arterra Bioscence e Vitalab, che è rientrata a Napoli dalla California, sottolinea "le condizioni umane e ambientali insostituibili" del territorio e l'appassionato lavoro per costruire "un'impresa trasparente e quotata in Borsa", binomio grazie al quale è riuscita a far tornare molti ricercatori dall'Inghilterra, in "un'azienda che ha accompagnato la nascita di 45 bambini".
    Per Giorgio Ventre, direttore scientifico dell'Apple Academy e docente alla Federico II, "il problema è fare innovazione con un modello di open innovation. La Campania è la seconda regione italiana per start up innovative, ma manca il mercato. Dovremmo copiare Macron - aggiunge - che in Francia finanzia start up e impone alle imprese di acquistare innovazione. A partire dalla grande impresa".
    "Viviamo in quella che potremmo definire era del "dataismo": i dati sono diventati il linguaggio universale che definisce la nuova realtà, influenzando economia, cultura e dinamiche sociali. Il rischio - continua Fabio De Felice, fondatore di Protom e docente all'Università "Parthenope" - è che cresca il divario tra chi ha competenze e accesso alle tecnologie e chi, invece, ne rimane escluso".
    Per ridurre queste distanze sono al lavoro molte spin-off del Dipartimento di Ingegneria industriale della Federico II.
    Edoardo Giaquinto è oggi marketing manager di Vesevo e MegaRide, start up di successo ancorata a Bagnoli, nell'incubatore di Campania NewSteel.
    "Creare startup significa partorire idee, produrre innovazione, e piantare un seme. L'innovazione, però - chiarisce Giaquinto - non è una scintilla, l'idea non è altro che il punto di partenza del processo che ha l'obiettivo finale di creare valore. Oggi dobbiamo puntare a creare progettualità, farla nascere dalle menti di giovani all'interno delle aule e dei laboratori universitari, per dare slancio a cicli virtuosi." Il confronto avviato oggi continuerà on line, sulla piattaforma Nagorà, laboratorio di idee, ideata e diretta da Francesco Tuccillo, past president dell'Acen. (ANSA).
   

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