(ANSA) - ROMA, 24 NOV - In tre anni le mura di quella stanza
hanno sentito più di cento storie di violenze, subite da donne e
anche da bambini. Racconti confidati a investigatori esperti che
hanno avviato indagini per fare piena luce su quelle terribili
vicende.
Confidare una violenza non è una cosa semplice, serve coraggio e
si deve creare una sorta di empatia - spiega all'ANSA il
maggiore Angelo Accardo, comandante della IV sezione del nucleo
investigativo di via In Selci, specializzata nei reati contro le
persone vulnerabili - Qui non ci sono 'ostacoli' fisici, non
sembra un ufficio di una caserma. E' un ambiente confortevole".
Il progetto è nato nel 2015 dalla collaborazione con
Soroptimoist International e ha consentito di allestire a oggi
più di un centinaio di "stanze tutte per sé" su tutto il
territorio nazionale e di fornire kit per la videoregistrazione
da usare nelle fasi della ricezione delle querele. "Trattiamo
sia i casi di persone che si presentano qui spontaneamente sia,
soprattutto, quelli delicati delegati dalla Procura - spiega
Accardo - Il numero di denunce negli ultimi dieci anni, a
livello statistico, è aumentato. Resta comunque un sommerso, un
numero oscuro, legato alla paura di denunciare, che si deve
tendere ad azzerare. In questo senso è fondamentale fare rete.
Denunciare è l'unica arma". (ANSA).
Nella stanza arancione dove le donne denunciano
Il carabiniere, 'violenza trasversale,non aver paura di parlare'