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Lavoro, giovani temono IA più degli stranieri, ma pochi la usano

L'indagine "Dopo il diploma" condotta da Skuola.net e Elis

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 14 MAG - Anche i più giovani sono spaventati dalle conseguenze che l'intelligenza artificiale potrebbe avere sulle loro prospettive occupazionali: uno studente delle superiori su 3 ha infatti paura che machine learning e algoritmi possano in futuro precludergli buone opportunità lavorative. Al contrario di quanto avviene per gli adulti solo uno su 10 pensa che la presenza di forza lavoro proveniente da altri Paesi possa fare lo stesso, diventando una minaccia. Tuttavia, sono ancora una minoranza coloro che si stanno formando per essere pronti alla sfida dell'Ia, con una netta prevalenza della componente maschile e di quanti provengono da contesti familiari più privilegiati.
    A svelare questo scenario è l'edizione 2024 di "Dopo il diploma", la ricerca condotta da Skuola.net, in collaborazione con Elis - realtà no profit che forma persone al lavoro - su un campione di 2.500 alunni delle scuole superiori. La ricerca è stata presentata in occasione della Elis Open Week, l'evento di orientamento organizzato per avvicinare gli studenti alle aziende leader nei settori tecnico-tecnologici.
    L'innovazione dunque, almeno in ottica lavorativa, non è vista dalle nuove generazioni come un'alleata, ma come un nemico. Per una porzione importante degli studenti intervistati (27%) ci sono alte probabilità che l'intelligenza artificiale possa ostacolare il percorso verso la realizzazione personale. E una fetta non trascurabile (8%) parte già sconfitta, considerando una certezza il fatto di dover rinunciare ai propri sogni per colpa dell'Ia. Solo un quinto (19%) non teme per la propria occupabilità in un avvenire dominato dall'intelligenza artificiale. Più nello specifico, a mostrare le preoccupazioni maggiori sembrano essere i maschi, forse perché sono quelli più orientati verso settori tecnici: qui gli sfiduciati, totali o parziali, superano il 40%, quando tra le ragazze si resta poco sotto la media (33%).
    Un timore, quello legato a un uso massiccio di tecnologia da parte di aziende e imprese, che non riguarda però solo le prospettive individuali. Per molti è da estendere all'intero sistema produttivo: per un intervistato su 4 ogni settore è a forte rischio, mentre circa il 30% pensa che problemi ci saranno, ma solo i comparti più votati al digitale potrebbero fare sempre più a meno delle persone. La maggior parte del campione (il 37%) crede che molte attività richiederanno ancora a lungo la mano dell'uomo.
    Nonostante ciò, in pochi si stanno dando da fare per non farsi trovare impreparati. Solamente un terzo degli studenti (34%) utilizza sempre o molto spesso gli strumenti di intelligenza artificiale generativa. Uno su 4, infatti, non li ha mai provati.
    Il 28% del campione preso in esame, invece, si informa con una certa assiduità sui progressi compiuti dal machine learning, leggendo articoli o seguendo corsi e tutorial online (il 37% dei ragazzi contro il 22% delle ragazze). In questo, i ragazzi si sforzano decisamente di più delle ragazze: tra i primi, a prepararsi sull'AI sono il 37%, contro il 22% del campione femminile. Ma anche il contesto familiare fa la differenza: il 46% degli studenti provenienti da famiglie agiate si sta formando su prompt e affini, contro il 30% di coloro che provengono da contesti più umili.
    Tutt'altro approccio è invece quello adottato dai lavoratori di domani al cospetto dei "colleghi" di altri Paesi, specialmente se migranti o in fuga da contesti geopolitici critici. Solo l'8% crede che il multiculturalismo possa peggiorare le prospettive occupazionali degli italiani, in ogni settore. Per tanti altri (44%) la minaccia potrebbe valere giusto per compiti a bassa specializzazione. La maggior parte degli intervistati (48%) pensa invece che, a prescindere dagli stranieri, con costanza e impegno un buon lavoro si può sempre trovare.
    Ecco perché, più in generale, solo il 12% ritiene che l'afflusso di manodopera d'importazione possa tradursi in minori offerte, stipendi più bassi o condizioni di lavoro peggiori. Per oltre 7 intervistati su 10, al contrario, queste persone possono aiutare l'intera economia, portando a un arricchimento in termini di visione e modalità operative. Per il 16% sono addirittura una necessità, svolgendo quei lavori che noi non vogliamo più fare.
    "Il timore davanti a una profonda trasformazione tecnologica come l'Intelligenza Artificiale è alimentato anche dalla mancanza di competenze - osserva Pietro Cum, Amministratore Delegato Elis, sottolineando che "la formazione che ricevono i giovani riguarda spesso nozioni del passato". (ANSA).
   

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