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Danza ed arti per incontrare 'l'altro' senza pregiudizi

Progetto di Pedagogia del confine fra studenti romani e migranti

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 09 APR - Il linguaggio del corpo che prende forma nella danza favorisce l'incontro con 'l'altro' e accoglie, supera barriere e pregiudizi. Una metodologia pedagogica che rompe schemi di incomunicabilità e facilita un dialogo interculturale partecipato, dando anche spazio alla dimensione artistica e creativa. E' intorno a questa idea che si sono incontrati studenti della periferia romana, con forte disagio sociale, e migranti provenienti da centri di accoglienza. Ne parla un libro di Fernando Battista, "Pedagogia del confine.
    Storie di corpi in movimento per una geografia delle relazioni" (Edizioni Junior, 2024), di recente pubblicazione, che riporta i risultati una ricerca condotta al Liceo Scientifico "Edoardo Amaldi" di Tor Bella Monaca, in cui utilizzando i linguaggi della danza, della danzamovimentoterapia e delle arti studenti e migranti sono riusciti ad ascoltarsi e a dialogare.
    Un'esperienza sul campo che conferma la bontà di un approccio pedagogico, la Pedagogia del confine, su cui riflettere. "Le arti - dice l'autore all'ANSA - sono una mediazione giusta e i laboratori in classe, con annessa la formazione dei docenti, sono occasioni volte appunto all'incontro, in questo caso ai migranti". Il tutto a vantaggio di un accrescimento di identità e di autostima, dello sviluppo della capacità di riflessione contro discriminazioni e pregiudizi, della lettura del mondo in cui si vive.
    "Questo percorso è nato per trasformare il pregiudizio e promuovere un attraversamento dei confini territoriali e non".
    Ecco il confine. "Il confine - continua Battista - è una linea che divide, che non appartiene a nessuno ma che può essere un elemento da abitare insieme. Siamo noi a dargli un'identità, la possibilità di un riconoscersi in quel luogo l'uno con l'altro".
    Battista, che fra l'altro è docente al Master di Educazione Interculturale all'Università Tre di Roma e danzamovimentoterapeuta, sottolinea che in questo percorso tutto è facilitato dall'uso del corpo. Nella "nostra esperienza dopo aver usato il corpo, la lingua non era più un problema. Ci si riconosceva. Si tratta di un incontro che cambia le persone, è l'uso di quel linguaggio corporeo, insieme anche ad altri linguaggi artistici, come il disegno, che permette la trasformazione e l'accoglienza".
    Cinque anni di laboratori in classe, un progetto educativo realizzato in collaborazione con l'ong Intersos, trovano un positivo riscontro nelle testimonianze dei ragazzi che hanno partecipato. Dopo tre anni dal progetto, c'è chi ha detto: "Il progetto mi ha dato sicurezza. Mi ha aiutato ad interpretare diversamente le cose, a volerle scoprire e a non rimanere nell'ignoranza, a capire ed aiutare". (ANSA).
   

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