A Londra, New York, Berlino e Mumbai è un trend decisamente affermato. Ricorda le tapas spagnole, il meze medio orientale e anche un po' i buffet ma il ‘dine sharing’ (o dinner sharing) non è fatto solo di piccoli piatti per assaggi ed antipasti e si realizza seduti a tavola.
Andreas Caminada, chef svizzero 3 stelle Michelin con il suo ‘Fine dining sharing experience nest’ qualche anno fa colse il desiderio di cene meno ‘fredde’ e minimaliste ( e già perfettamente porzionate) e gesti più intimi da parte dei commensali per farli sentire ‘come a casa’. “Un'esperienza culinaria in cui gli ospiti possono connettersi, non solo con il cibo, ma tra loro” è il mantra dei suoi ristornati, IGNIV, di Bangkok, St. Moritz e Zurigo. “Un'esperienza unica di condivisione di una cucina raffinata, in cui pranzi e cene squisiti sono composti pensando agli intenditori e realizzati con ingredienti freschi e stagionali” spiega Caminada.
“Troppo buono per non condividerlo” è il pensiero comune, insieme alle più comuni abitudini delle cene informali, dei barbecue estivi e dei buffet per tante persone, che ha fatto scattare la nascita della nuova tavola in modalità share, che piace moltissimo ai giovani e agli intenditori del buon cibo. “Condividere i piatti è estremamente comunicativo e probabilmente ci sono “piatti condivisi” in ogni paese come ad esempio le tapas spagnole e il meze greco. Adoriamo ordinare tanti piccoli piatti che trasformano la tavola in una lavagna per fare spuntini riunendoci tra amici e lo sharing permette di assaggiare molte più pietanze” si legge in Tip Berlin, rinomatissima guida su il meglio di Berlino che allo sharing a tavola dedica un ampio spazio.
Spiega all’ANSA Andrea Sangiuliano, executive chef della sede romana degli hotel ristoranti alla moda Mama Shelter, dislocati in 15 capitali del mondo: “Vogliamo far provare i piatti stagionali del nostro ristorante agli ospiti e la condivisione ci permette di farlo in una modalità più intima, immergendosi in una atmosfera inclusiva e calorosa partendo dal servizio a tavola. Nella carta autunnale, ad esempio, introduciamo serate a tema ‘i funghetti di Mama’ con cene in formula dine-sharing per provare tutte le nostre specialità dai boschi. Non impiattiamo tutto e puntiamo alla condivisione, rompendo gli schemi tradizionali della ristorazione. Abbiamo tavoli per gruppi dotati di particolari alzatine e ponti dove posare le pietanze che i commensali possono condividere, molto apprezzati ad esempio quando ci sono ricorrenze tra molti amici o per le cene di lavoro dove le gerarchie e gli organigrammi si confondono invitando tutti al dialogo e alle relazioni peer to peer. Poi abbiamo i tavoli più piccoli dove lo sharing si svolge mettendo al centro le pietanze nel loro contenitore di cottura, ad esempio ”.
La condivisione a tavola ha le sue regole ed un preciso galateo per apparecchiarla. Come realizzarla lo spiega Sangiuliano: “L’apparecchiatura dalla tavola non deve prevedere solo la presenza di un piatto o due. Ci sono già diversi piatti e di diversi formati, impilati l’uno sull’altro, che i clienti sceglieranno di usare servendosi direttamente dalla portata al centro della tavola. Serviamo pietanze da piccole quantità a portate complete lasciate a tavola in pentole, teglie, pirofile e tegami di cottura, taglieri, vassoi e ciotole. Inoltre diversi cucchiai, posate da portata e personali. Anche i dolci permettono lo sharing che è anche l’occasione per provarne di più condividendoli insieme. Provate lo sharing a casa quando avete cene formali, vedrete come l'ambiente si scalderà immediatamente. In fondo il trend prende spunto proprio dalle abitudini familiari".
Leggi l'articolo completo su ANSA.it