"Un attacco vergognoso e strumentale": così il presidente della Camera della moda Carlo Capasa definisce l'articolo del New York Times che parla delle ombre dell'economia italiana e della moda in particolare, per la quale - secondo il quotidiano americano - sono in molti a lavorare da casa, sottopagati e senza contratto, vale a dire in nero. Nell'inchiesta realizzata in Puglia, intitolata 'Inside Italy's Shadow Economy' si racconta, con testimonianze anche anonime, il lavoro di migliaia di donne che ricevono dal laboratorio locale un euro per ogni metro di stoffa cucita o ricamano paillettes per 1.50-2 euro l'ora. Di questa manodopera si servirebbero grandi marchi attraverso il contoterzi. In particolare, si fanno i nomi di brand come Max Mara (che ha aperto la seconda giornata di Milano Moda Donna) e di Fendi (altro marchio in passerella). "Hanno attaccato questi marchi in maniera indegna - dice Capasa - per questo prepareremo una nota congiunta insieme agli avvocati".
Da qualche anno esiste, per il tessile e la pelletteria, una campagna mondiale, Clean Clothes Campaing, con una sezione italiana - campagna Abiti Puliti - che lavora per la sensibilizzazione sui temi del salario dignitoso, la salute e la sicurezza, la trasparenza e il lavoro migranti, oltre a pressione verso imprese e governi.
"Se hanno trovato un reato c'è obbligo di denuncia, perché non l'hanno fatto?" si chiede Capasa, per il quale "i nostri contratti sono tutti a tutela dei lavoratori". "Quello del New York Times è un attacco strumentale che nasce - dice il presidente di Camera Moda - senza aver fatto una vera indagine. Io sono pugliese e la Puglia non è il Bangladesh. Citano fonti sconosciute e dicono anche che in Italia non abbiamo una legge sul salario minimo e questo è grave: le nostre - sottolinea - sono aziende serie, se i subcontratti hanno fatto delle stupidaggini questo va perseguito, ma condividiamo tutti lo stesso contratto per la tutela dei lavoratori. Se poi volevano demonizzare il lavoro domestico - prosegue - trovo che sia sbagliato, ha un senso purché sia ben pagato". "Replicheremo a New York Times in modo pesante" annuncia Capasa. E il motivo è che "siamo il Paese che ha fatto di più per questi diritti, il primo a perseguire gli abusi, non c'è nessuna connivenza delle aziende italiane perché non ne hanno bisogno, non abbiamo bisogno di sfruttare nessuno". Secondo Capasa c'è un motivo per cui questo articolo è uscito oggi: "A Milano inizia la fashion Week con il green carpet, siamo bravi e questo dà fastidio".
Per Miuccia Prada "nessuno è sano ma ognuno fa del suo meglio, accanirsi solo con la moda è sbagliato. Tutte le aziende hanno codici e ispettori ma il mondo reale - sottolinea - è più complicato, c'è sempre qualcuno che si fa corrompere". Certo, anche "la moda ha le sue colpe, ma sono sicura che aziende di altri settori faranno anche peggio. Questo non è un mondo perfetto e siamo tutti colpevoli, i problemi - conclude - sono ovunque
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