Le aziende italiane nel 2020 hanno perso il 23% del giro d'affari, che nel 2019 era di 71,1 miliardi di euro. La stima sulle perdite, insieme alla previsione di una ripresa a partire dal 2021 (+10%) con un raggiungimento dei livelli pre-crisi nel 2023, emerge dal report sul "Sistema Moda" dell'Area studi Mediobanca, che aggrega i dati finanziari di 80 multinazionali del fashion con fatturato 2019 sopra il miliardo di euro e delle 177 maggiori Aziende Moda Italia con fatturato sopra i 100 milioni.
Stando ai dati dei primi 9 mesi, lo studio riporta che i maggiori player mondiali del fashion hanno visto una riduzione del giro d'affari cinque volte maggiore di quella registrata dalla grande industria. Ha sofferto soprattutto il mercato europeo (-23,7%), fortemente penalizzato dal blocco dei flussi turistici, mentre quello asiatico ha visto un calo più contenuto (-14,8% e -10,1% escludendo il Giappone, dove il calo è stato del 23,7%).
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Alcuni segnali positivi sembrano arrivare nell'ultimo trimestre del 2020, sul quale i primi dati che vengono diffusi dalle aziende indicano un rimbalzo del fatturato a livello aggregato (+17%), con un ritmo di ripresa differente a livello geografico e a seconda delle specialità. La ripresa, sostiene il report, si baserà sulla digitalizzazione e sulla sostenibilità, fatta salva la necessità, a livello locale, di fare sistema. A proposito di impegno nella salvaguardia dell'ambiente, le più grandi aziende mondiali della moda intanto crescono, a guardare i dati dei bilanci di sostenibilità 2019: a partire dal calo dei consumi idrici (-3,4%), delle emissioni di anidride carbonica (-5,1%), dei rifiuti prodotti (-3,1%) e all'aumento del ricorso all'energia elettrica rinnovabile (dal 42,6% nel 2018 al 49,9% nel 2019).
L'Europa sbaraglia quasi tutti anche per redditività. Hermes batte le altre big del settore moda per redditività (Ebit margin 34,4%), in un panorama in cui nel 2019 l'Ebit margin totale è stato del 12,9% (13,8% nel 2015). Seguono Moncler (30,2%), alla vigilia dei conti, Kering (30,1%), che col 2020 ha visto però un peggioramento, Chanel (28,9%) e Pandora (26,8%). Lululemon Athletica (22,4%), la più alta in classifica tra i marchi di punta americani, si è posizionata sesta, appena davanti a Lvmh (21,4%), fatto salvo che se per quest'ultima si prendono in considerazione solo i settori moda, pelletteria, orologi e gioielli, l'Ebit margin di Lvmh sarà del 30,3%.
Aziende europee davanti anche per la crescita dell'occupazione: nel 2019 gli 80 operatori mondiali della moda hanno creato posti di lavoro per oltre 2.234.000 persone, circa 338.200 in più rispetto al 2015 (+17,8%). In Italia si sono contati più di 43.700 nuovi addetti (+16,9% sul 2015), per una forza lavoro totale di 303.000 unità a fine 2019.
Quanto a presenza femminile (65,9% della forza lavoro), scende al crescere delle responsabilità, fino al 29,3% nei Cda.
I gruppi statunitensi hanno più consiglieri donna (34,1%) rispetto a quelli europei (27,9%), tra cui sono ampiamente sopra i player francesi e britannici con una quota di donne nei Cda pari rispettivamente al 43,1% e 36,9%. I gruppi italiani si fermano al 21,3%. Le meno rappresentate sono le giapponesi: una ogni dieci consiglieri. (ANSA).