Ralph Lauren diventa piu'"verde" adottando un nuovo metodo di tintura: Color on Demand, una piattaforma rivoluzionaria che non produce acque reflue, potrebbe rivoluzionare in modo più sostenibile, più efficace e più veloce il modo con cui l'industria della moda affronta la tintura del cotone.
Ogni anno la tintura di tessuti utilizza migliaia di miliardi di litri d'acqua, generando circa il 20% delle acque reflue a livello globale.
Giusto in tempo, mentre un nuovo studio del sito specializzato "Business of Fashion" rivela che il settore della moda ha molto da fare per l'attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibili adottati dalle Nazioni Unite con l'agenda 2030. Per il nuovo progetto Ralph Lauren si è avvalso dell'esperienza di quattro società leader nei rispettivi campi: Dow, per la scienza dei materiali; Jeanologia, per le soluzioni tecnologiche sostenibili nella tintura e nei sistemi di trattamento delle acque a circuito chiuso; Huntsman Textile Effects, specializzata in coloranti e prodotti chimici per tessili; e Corob, per le soluzioni di erogazione e miscelazione.
"Il tradizionale processo di tintura è una delle pratiche più inquinanti nel nostro settore e come brand globale abbiamo riconosciuto la necessità di trovare una soluzione scalabile", ha detto Halide Alagöz, Chief Product and Sustainability Officer di Ralph Lauren. Oltre a un significativo risparmio di acqua, la piattaforma riduce considerevolmente la quantità di prodotti chimici, coloranti, tempo ed energia utilizzati nella tintura mentre, per la prima volta nel settore, consente di tingere la fibra in modo più efficiente e sostenibile in qualsiasi fase della produzione, non solo all'inizio. Il risultato, già nella prima fase di implementazione, è una riduzione del 60% dell'impatto ambientale rispetto ai tradizionali processi di tintura.
E' un passo in avanti sullo sfondo di un quadro a molte ombre, secondo "Business of Fashion". In vista della COP 26 di Glasgow, un gruppo di esperti indipendenti hanno creato un "indice di sviluppo sostenibile" per quindici gruppi: cinque del polo del lusso tra cui Kering e LVMH, cinque catene al dettaglio (tra cui H&M, Levi Strauss, Gap) e cinque nell'abbigliamento sportivo tra cui Nike e Adidas, dando punteggi sulla base della rispettiva trasparenza, emissioni di CO2, uso di acqua e sostanze chimiche, materiali, diritti del lavoro e rifiuti.
Nessuna azienda ha ottenuto più di 50 punti su cento in questa classifica, con i migliori risultati di Kering e Nike (rispettivamente 49 e 47 su cento), mentre la holding svizzera Richemont, la giapponese Fast Retailing e l'americano Under Armour sono rimasti sotto 25. (ANSA).
Ralph Lauren più 'verde' con nuovo metodo di tintura
Ma vip moda ancora indietro sugli obiettivi sviluppo sostenibile